sabato 28 giugno 2014

VISTI DA VICINO.


INVETERATI SBAFATORI



In occasione dell’azione di accerchiamento e occupazione della sede del consiglio regionale, portata avanti dai sindaci calabresi per far revocare l’illegittimo e odioso provvedimento di raddoppio delle tariffe dei rifiuti, è stato molto istruttivo ascoltare da vicino i discorsi riservati dei parlamentari regionali che molto indegnamente ci rappresentano.

Prima impressione, assenza totale di quel timore riverenziale che si avverte quando si è in presenza di persone che occupano elevati ruoli istituzionali.

Tutt’altro. Forse perché, seconda impressione, è stato come far visita ad una casa circondariale. Lì dentro tutti plurindagati o plurinquisiti o pluricondannati. E tutti quegli uomini in divisa, dentro e fuori, più che poliziotti con funzioni di tutela sembrano guardie carcerarie con compiti di custodia.

All’ordine del giorno della riunione del Consiglio, che abbiamo fatto slittare di 3 ore, fino alla firma dell’ordine del giorno di revoca del provvedimento di raddoppio delle tariffe, c’era l’assestamento di bilancio 2014.

La preoccupazione non era rivolta a quello che i giornali vicini alla maggioranza o all’opposizione hanno raccontato il giorno dopo. Si legge, sui giornali, di utilizzo di risorse (43,5 milioni all’Agricoltura e Forestazione,  30 milioni per i Trasporti, 5,5 milioni al Personale, ecc.). Si simulano scontri tra maggioranza e opposizione. Per il PD la spesa è cresciuta dal 35% del 2008 al 58% nel 2012, la maggioranza risponde che solo per la sanità, Scopelliti ha azzerato il debito di 243 milioni di euro lasciati da Loiero.
Così “informano” i mezzi di comunicazione..

Ma tutti i consiglieri, di maggioranza e di minoranza, sono legati e appassionati nei loro discorsi dalla torta del magna magna.
Cosa volete che rappresentino 30 milioni ai Trasporti paragonati a 70 milioni di euro all'anno di Spesa per il Funzionamento del Consiglio regionale!?
Negli ultimi dieci anni le spese per il funzionamento del consiglio regionale calabrese (leggi mantenimento di 50 nullafacenti) è rimasto invariato: totale per  10 anni 700 MILIONI DI EURO!  Ripeto quanto scritto altre volte. L'Emilia Romagna, la signora Emilia Romagna, per 50 consiglieri spende 32 milioni di euro all'anno. 

Ogni anno riporto sul mio blog i conti del megasperpero  http://www.ferrarosalvatore54.com/2011/07/calabria-la-regione-del-megasperpero-e.html

Non contenti di quanto va a finire nelle casse senza fondo dei partiti, i loro camerateschi discorsi privati vertono su come rastrellare altri soldi. Il consiglio regionale è un palco, ma il "lavoro" si svolge dietro le quinte, il tempio degli inciuci e dei trucchetti dei fantasiosi inquilini di Palazzo Campanella, senza distinzione di colore.




Un Consigliere di Forza Italia e uno del PD (nella foto) discutono del finanziamento per l’istituzione delle “primarie" per la scelta del candidato alla carica di Presidente della Regione” da far pagare a tutti i cittadini, anche a quelli che aborriscono questo sistema partitocratico. Il consigliere PD dice che 100.000 € sono pochi, ce ne vogliono almeno il doppio. Alla fine, visto i problemi di bilancio, sarà stabilita la cifra di 100.000 €.

Altri due Autonomia e Diritti e Scopelliti Presidente, dicono che non se ne parla di votare a novembre, come minimo bisogna arrivare a marzo per poter intascare i 38 milioni di euro di rimborso elettorale. Dal 2010 ad oggi i partiti rappresentati in Consiglio hanno incassato 153 milioni di euro per rimborsi.

Un consigliere rassicura altri due che si sta cercando di impedire che i 30 dirigenti illegittimamente incaricati debbano restituire i circa 250.000 € che ognuno di loro intascava all'anno. Uno di essi è proprio il signore che ha decretato l'aumento delle tariffe sui rifiuti. E un altro è un nostro concittadino.
Ne ha trattato solo il Corriere della Calabria  http://www.corrieredellacalabria.it/index.php/politics/item/22974-regione,-milioni-presi-in-modo-%C2%ABillegittimo%C2%BB/22974-regione,-milioni-presi-in-modo-%C2%ABillegittimo%C2%BB

Evito di incrociare lo sguardo di un consigliere regionale che cerca di salutarmi dall'altra parte del grande tavolo. Dopo un po’ si alza e viene a raggiungermi. "E’ da mezzora che mi sbraccio per salutarti". "Te lo potevi risparmiare. Mi costringi ad un atto contrario alla mia educazione (rispondere è dovere), ma non ho il piacere". Si allontana con la coda fra le gambe, ma continua a salutare altri convenuti ostentando cordialità. Questi non si mortificano nemmeno un po'. Lo diceva Papà. La prima virtù di un politico deve essere la faccia tosta.

Alle 16:30, dopo che hanno firmato l'ordine del giorno che ci interessa, abbandoniamo la casa circondariale, pensando che in fondo, questi galantuomini non sono arrivati da Marte ed hanno occupato con le armi le loro postazioni. Sono stati votati da decine di migliaia di cittadini calabresi.  



mercoledì 25 giugno 2014

LA FORZA DELLA RAGIONE


REVOCATO IL DECRETO SCELLERATO



Sindaci provenienti da tutta la regione hanno manifestato stamane a Reggio Calabria, davanti alla sede del Consiglio regionale, su iniziativa dell'Anci, per chiedere la revoca del provvedimento che raddoppia le tariffe sullo smaltimento dei rifiuti, decretato dal dirigente del Dipartimento Ambiente. Si tratta di un provvedimento illegittimo, iniquo e punitivo che rappresenta un tentativo maldestro di scaricare addosso ai Comuni e ai cittadini la responsabilità della gestione fallimentare e dell’immane disastro causato dall’amministrazione regionale in materia di rifiuti.

Un centinaio di sindaci calabresi hanno raggiunto Palazzo Campanella indossando la fascia tricolore ed hanno ottenuto, prima dell'inizio del Consiglio fissato per le 13:00, una audizione con i capigruppo ed il Presidente del Consiglio regionale Talarico,  alla presenza dell’assessore all’Ambiente Pugliano.


Dopo un dibattito durato circa due ore, di fronte alle serrate motivazioni e alle decise prese di posizioni da parte dei numerosi sindaci intervenuti, i consiglieri regionali di maggioranza e di minoranza a mano a mano hanno incominciato a fare proprie le richieste dei sindaci. Infine i capigruppo e l’assessore Pugliano hanno sottoscritto un ordine del giorno che revoca immediatamente e definitivamente il provvedimento scellerato, per cui non ci saranno aumenti tariffari per il 2014. E’ stato stabilito, inoltre, un prossimo incontro fra assessore ed Anci in merito ad una eventuale rimodulazione delle tariffe per il 2015. 

P.S. Aggiungo una foto dove dimostro all'esperto commentatore anonimo di essere molto più bravo di quanto pensi lui ad usare non solo Paint. Vediamo se scopre quale programma ho usato per "indossare" questa fascia che non mi appartiene.



venerdì 20 giugno 2014

TRISTO DESTINO DEI SERVI SCIOCCHI



Il padrone attacca il suo nemico e sa perché. Il servo sciocco sa che deve attaccarlo perché lo dice il suo padrone. Il servo sciocco non ha accesso alla conoscenza, gli è vietato anche soltanto conversare con chi ce l’ha. Il servo sciocco non si pone delle domande, perché non avrà le risposte dall’unica persona a cui gli è consentito di chiedere. Il servo sciocco non ha una personalità, si muove con i fili del burattinaio. Il servo sciocco spesso ha il mal di schiena, la posizione non lo aiuta.
La tragedia del servo sciocco è la caduta in disgrazia del suo padrone. Il servo sciocco che non aveva accesso alla conoscenza, fa irresponsabilmente di sè stesso un insensato bestiario di luoghi comuni restandogli nelle orecchie gli echi delle grida di guerra del padrone. Il servo sciocco ricorda solo chi e non perché doveva attaccare.
Le persone intelligenti, non usano i servi sciocchi; semmai, dovrebbero adoperarsi per destarli e riportarli alla vita normale, al pari delle persone che tengono alla loro dignità e al loro futuro. Ma non tutti i servi sciocchi aiutano in questo compito di emancipazione, causa un'inveterata meschinità d'animo.
Oggi, ad esempio, un servo sciocco, nella sua ossessiva pulsione mentale di boicottare il nemico del suo padrone, si è superato nella sua discesa in basso ed ha cercato di convincere alcuni cittadini che microcippare i cani non costituisce un segno di civiltà e di prevenzione del randagismo, come vuol far credere l’Amministrazione Comunale, ma un espediente diabolico per torturare i cani che morirebbero in preda ad atroci sofferenze. Resterebbero in circolazione solo i somari.
ESERCITAZIONE PER PRATICANTI ABILITATI 
LA DIFFAMAZIONE (NON SUPPOSTA)




  Ill.mo Sig. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza.- 

DENUNCIA - QUERELA

            Noi qui sottoscritti Pasquale Francesco Benvenuto, nato il 27 febbraio 1957 ad Acri ed ivi residente in Via San Pio da Pietrelcina, Assessore alla Sanità e Servizi Sociali e Volontari del Comune di Acri, e Salvatore Ferraro, nato il 13 ottobre 1954 ad Acri ed ivi residente in Via Pastrengo, 116, Assessore all’Ambiente e Lavori Pubblici del predetto comune, siamo costretti a sporgere formale denuncia – querela, con istanza di punizione, nei confronti di tal Roberto Saporito, articolista del quotidiano online “Acri In Rete” (www.acrinrete.info), responsabile di una condotta denigratoria dai toni marcatamente personalistici, nonché  nei confronti del Direttore Responsabile del detto quotidiano, per aver omesso il doveroso controllo di quanto pubblicato sulla testata giornalistica in questione.-
            Entrambi, di professione medici, siamo, da poco meno di un anno, amministratori del Comune di Acri,  membri di in una giunta formata da cinque assessori oltre al Sindaco. È la nostra prima esperienza politica e non ignoriamo, ed accettiamo, che per il ruolo pubblico che ricopriamo e per le scelte che adottiamo, possiamo essere contestati e criticati. Ciò che oggi lamentiamo è di essere stati offesi e diffamati non per le nostre funzioni e scelte amministrative ma per non meglio definite e pregresse “vicende poco pulite”, che riguarderebbero, per come scrive l’articolista, le nostre “attività private”.-
            In data 16 marzo 2014, tra le news di “AcrInRete”, è stato pubblicato un articolo, a firma del Roberto Saporito, dal titolo: “Un’altra Acri è possibile. Certo, ogni terra ed ogni epoca ha la sua peste ed i suoi untori” (All. 1); scritto ancor  presente, visibile e consultabile sul sito, nell’archivio delle news, sino ad oggi letto dal oltre 2.564 visitatori (All. 2),  dal contenuto altamente lesivo della nostra dignità, della nostra immagine professionale e della reputazione che godiamo nei nostri rispettivi ambienti lavorativi.-
            Il cronista palesemente ci denigra ed insulta, ci attribuisce comportamenti disonorevoli, non nella, e per la vita amministrativa, ma in quella privata e professionale! Siamo additati come coloro che hanno la “coscienza, ma forse anche la pelle, sporca e puzzolente come il letame”, circostanza che, a dire del cronista, sarebbe nota a tutti! Godremmo, a leggere lo scritto oltraggioso, di una  “reputazione al di sotto dello zero” e di una  “stima scarsissima”! Siamo definiti “assessoricchi”; siamo rappresentati come individui che hanno “sempre vissuto tra soprusi e favoritismi”, come “primitivi”“trogloditi” e “rozzi”!
            L’articolista diffonde circostanze, opinioni e commenti che esulano sia dalla corretta informazione di cronaca sia da un sano e legittimo diritto di critica, perché degenerano in un attacco personale, che oltrepassa ampiamente il limite della continenza nelle espressioni usate, della verità del fatto narrato, poiché slegato da episodi specifici, del diritto di informare, da concreti fatti di rilevanza pubblica, perché nessuna notizia supporta lo scritto, ispirato unicamente da un insana volontà di insultarci.-
La nostra reputazione e credibilità è stata indubbiamente messa in discussione dalle sconcertanti asserzioni dell’articolista, fortemente suggestive per i lettori, ma totalmente inventate e frutto di congetture e supposizioni che non possono trovare giustificazione in verun diritto costituzionalmente garantito.-
            Andiamo al contenuto dello scritto diffamatorio.-
            Nell’incipit dell’articolo, il giornalista espone la sua critica e legittima opinione sui primi mesi di governo dell’amministrazione guidata dal Sindaco Nicola Tenuta, che viene, giustamente, indicato come “persona per bene e capace”. Si ammonisce che “A fine mandato i cittadini, attraverso il voto, giudicheranno se Tenuta ha fatto bene o male”. Si contesta che vi sono stati “Solo ritardi ed annunci” e che “si aspetta ancora la programmazione” in tutta una serie di settori. Si argomenta come il dissesto finanziario abbia tarpato le ali all’amministrazione, per cui “occorre darle ancora tempo e fiducia”. Fin qui, i commenti, condivisibili o meno, appaiono come una lecita e libera critica al governo cittadino. Inaspettatamente, però, l’articolo cambia tenore, si sposta su argomenti evanescenti, su fatti evocati e non specificati, posti in essere (sempre a dire dell’articolista) in passato dai nuovi “personaggi” della politica; e proprio in questa nostra caratteristica, quella di essere “nuovi alla politica”, ci riconosciamo e ci riconoscono i nostri cittadini che leggono l’infamante accusa. Nello specifico, il Saporito scrive: “Questi primi dieci mesi di governo ci hanno regalato nuovi personaggi prima di ora conosciuti solo per vicende poco pulite, ma note a tutti, svolte nelle loro attività private”. Con impareggiabile spregiudicatezza, il giornalista aggiunge: “Vi sono assessori che dimenticano – ahi noi – di essere amministratori e, quindi, personaggi pubblici, e quindi, oggetto di possibili critiche sul piano amministrativo e politico – ma mai sul piano personale”. È incredibile, ma vero! È proprio il giornalista a dimenticare di aver immediatamente prima farneticato di vicende poco pulite afferenti le nostre attività private.-
            Il cronista ci addebita una strategia, quella di “insultare per creare confusione” di “spostare l’argomento sul personale”, di farlo in modo “furbo e vile per non entrare nel merito delle questioni”. Ci addebita proprio la sua condotta, difatti, nel seguito dell’articolo, nuovamente, ricominciano gli insulti, i personalismi, l’elusione di questioni concrete. Così leggiamo: “Sono quegli assessori che hanno la coscienza, ma forse anche la pelle, sporca e puzzolente come letame, lo sanno pure loro stessi, ma lo sanno tutti, anche le pietre ed i muri di molti uffici, perché in città conosciamo vita e miracoli di tutti o quasi”. Lo scritto non è, è evidente a tutti, un esempio di limpidità e correttezza giornalistica; si fanno illazioni ed insinuazioni, si attribuiscono condotte indegne, senza specificare quali siano state, quando siano state poste in essere, in danno di chi siano state perpetrate; solo un becero e meschino sentito dire, un qualcosa che tutti conoscono e che, quindi, è inutile ribadire! Questo non è diritto di critica, tanto meno di cronaca!
            Non basta! Il refrain offensivo non cambia, infatti il cronista aggiunge: “Hanno una reputazione al di sotto dello zero e la stima nei loro confronti è scarsissima…sono degli assessoricchi, insomma, che alla fine del loro mandato ritorneranno nell’oblio in cui erano posizionati dieci mesi fa. Sono quegli assessori che non difendono la libertà di stampa, ovvero l’art. 21 della Costituzione…E’ una questione culturale, un pezzo di carta non può certo modificare il comportamento di un individuo, soprattutto se questi ha sempre vissuto di soprusi e favoritismi. Se un individuo è un primitivo, troglodita, rozzo, lo rimarrà anche dopo aver discusso una tesi di laurea”.-
È un incessante denigrazione non giustificata da alcun interesse ad informare, né da verun diritto di critica. Verun fondamento e veruna rilevanza hanno le notizie, rectius, non notizie, perché si tratta di mere e volgari insinuazioni. Non è consentito ad alcuno di scrivere, pubblicare e quindi diffondere tutto ciò che gli passa per la testa, trincerandosi dietro diritti che non sono assoluti, poiché si scontrano con il nostro legittimo diritto a tutelare la nostra immagine ed il nostro onore dalla divulgazione di notizie diffamatorie, non pertinenti ai fatti di interesse pubblico, che travalicano in maniera preclara il limite della continenza espressiva.-
            La libertà di manifestazione del pensiero, garantita dall’art. 21 Cost.,. non è assoluta ed incondizionata. La Suprema Corte di Cassazione, recependo l’orientamento della Corte Costituzionale, ha affermato che la libera manifestazione del pensiero non può mai sacrificare l’altrui diritto alla salvaguardia dell’onore, del decoro, della reputazione, del prestigio, beni, quest’ultimi, tutelati come inviolabili da altre norme costituzionali (C. 16.2.1988, Artusi, RP 1988, 733; C 8.3.1974, Carnuccio, CED 127738; C 28.11.1972, Martino, CED 123357; C 16.10.1972, Branco, CED 123384; C 16.4.1972, Sabato, CED 118351; C 8.10.1970, Rodari, CED 116099; C 18.3.1970, De Francesco, CED 114732; C 13.11.1969, Lippo, CED 113925; C 14.5.1969, Page, CED 112154).-
            La chiosa finale è emblematica dello spirito che pervade tutto lo scritto diffamatorio ed è indicativa dello stato di confusione ed irragionevolezza manifestata dal Saporito. Enuncia di voler adottare, nella sua attività professionale, un contegno che è l’esatto contrario di quello manifestato nell’articolo che occupa. “Io spero”, asserisce senza pudore alcuno, “di poter continuare ad esternare le mie idee e da cronista raccontare i fatti senza andare sul personale”. Ogni commento appare superfluo, il cronista è ben consapevole di aver calpestato ampiamente fatti e diritto di critica, spingendosi nella contumelia, nel personalismo becero, nella diffamazione “giustificata” dal “tutti lo sanno”.-
            Non vengono raccontati fatti, ma distorta la realtà; la giurisprudenza della Suprema Corte ha  stigmatizzato le condotte dei giornalisti che ricostruiscono gli avvenimenti in modo da travisare la consecuzione degli stessi, omettendo il riferimento a fatti rilevanti e, per contro, proponendone taluni in una luce artificiosamente emblematica, al di là della loro obiettiva rilevanza, in modo da indirizzare il giudizio del lettore (C 15.3.2002, Di Giovacchino, CED 221864, CP 2003, 3025).-
            Che si sia travalicato qualsivoglia diritto di cronaca ed anche di critica è evidente; le espressioni usate sono palesemente lesive del nostro decoro professionale e sfociano in attacchi personali, con espliciti riferimenti alle nostre attività professionali di medici, così scrivendo, “elargendo laute ricompense”, in caso di futuri problemi pensionistici. Anche per tale ragione, e non solo in quanto assessori ed amministratori nuovi alla politica, ci riconosciamo e siamo da tutti (nell’ambito cittadino e lavorativo) riconoscibili nei “personaggi” diffamatoriamente descritti nel pezzo giornalistico. Le informazioni contenute nell’articolo sono tante e poste  in modo che a nessuno dei lettori possa sfuggire l’identificazione certa del bersaglio dell’attacco denigratorio.-
            Orbene, l’articolista che “sapientemente” e per screditarci propina ed accosta  episodi e circostanze tra loro non pertinenti (ci riferiamo, per esempio, alla parte in cui veniamo associati, senza sapere o solo capire per quale ragione, a chi di recente ha tentato di chiudere la bocca ad un giornale regionale), sembra trascinato da un pettegolezzo “da bar”,  dimentica che il farneticante scritto, i suoi commenti le sue opinioni sono letti da miglia di persone.-
Per giurisprudenza consolidata, il delitto di diffamazione può integrarsi non solo se la sfera morale altrui sia lesa con modalità direttamente lesive ed aggressive della reputazione, ma anche con modalità che, oggettivamente non lesive, tali diventino per le forme con cui vengono estrinsecate. La Corte di Cassazione ha più volte sottolineato che frasi di per sé non diffamatorie possono realizzare l’oggettività del reato de quo se poste in un contesto allusivo; ha precisato che “anche le espressioni dubitative, come quelle insinuanti, allusive, sottintese, ambigue, suggestionanti, possono integrare il reato di diffamazione, quando, per il modo in cui sono poste all’attenzione del lettore, fanno sorgere in quest’ultimo un atteggiamento della mente favorevole a ritenere l’effettiva rispondenza a verità dei fatti narrati”. Ha statuito, altresì, che “…il significato delle parole dipende dall’uso che se ne fa e dal contesto comunicativo in cui si inseriscono. Pertanto, anche il riferimento a indefinite sensazioni o la proposizione di interrogativi più o meno retorici può risultare idonea a diffondere una notizia falsa”; ha, ancora, affermato che “…per individuare il contenuto diffamatorio dello scritto occorra valutare non solo il testo letterale, ma anche il complesso dell’informazione rappresento dal testo, dalla sua interpretazione e da ogni altro elemento utile (C., Sez. V, 18/5/2000; C., Sez. V, 2/4/97, n. 3121; C., Sez. V, 12/2/1992, n. 8848; C., Sez. V, 25/5/95, n. 6062; C., Sez. I, 12/3/85, n. 6383).-
Non può invocarsi l’efficacia scriminante del diritto di critica. Il linguaggio diretto ed anche quello allusivo,  il subdolo sarcasmo, le frasi suggestive; la rappresentazione distorta dei fatti che menano ad ipotizzare nostre condotte equivoche ed occulte, vanno ben oltre la “correttezza espressiva”.            Pare superfluo sottolineare che tale limite sia stato ampiamente valicato, soprattutto considerando che, nel caso in parola, non v’era tenzone politica tra competitor, bensì attacco unilaterale e personale da parte di che si definisce “un cronista che vuole raccontare i fatti senza andare sul personale”.-
Circa l’operatività della scriminante del diritto di critica, la Cassazione ha specificato che: “In tema di diffamazione a mezzo stampa, l’esercizio del diritto di critica pur assumendo necessariamente connotazioni soggettive ed opinabili, in particolare quando abbia per oggetto lo svolgimento di pubbliche attività di cui si censurino le modalità di esercizio e le disfunzioni e si suggeriscano i provvedimenti da adottare, richiede unitamente al rispetto del limite della rilevanza sociale e della correttezza delle espressioni usateche, comunque, le critiche trovino riscontro in una corretta e veritiera riproduzione della realtà fattuale e che, pertanto, esse non si concretino in una ricostruzione volontariamente distorta della realtà, preordinata esclusivamente ad attirare l’attenzione negativa dei lettori” (C., Sez. V, 17/3/2006, n. 9373). Ancora: “…La configurabilità dell’esimente del diritto di critica o di cronaca, con la necessaria correlazione fra quanto è stato narrato e ciò che è realmente accaduto, importa l’inderogabile necessità di un assoluto rispetto del limite interno della verità oggettiva di quanto riferito, risultando inaccettabile il valore sostitutivo della verosimiglianza (fattispecie in cui è stata esclusa l’esimente essendo stato attribuito in modo non corrispondente al vero alla p.o. il tentativo di condizionare indebitamente l’operato del sindaco e dell’amministrazione comunale, attuato anche mediante un accordo elettorale di natura corruttiva)” (C., Sez. V, 31/5/2004, n. 24709). La Corte ha, inoltre, affermato: “Il diritto di critica, aspetto essenziale del più ampio diritto di libertà di manifestazione del pensiero garantito dalla Costituzione, in relazione al delitto di diffamazione a mezzo stampa, si atteggia a causa di giustificazione quando viene esercitato nei limiti della verità del fatto narrato, dell’interesse pubblico alla sua conoscenza e della correttezza con cui il fatto viene riferito” (C., Sez. V, 15/3/2006, n. 9005; C., Sez. V, 27/2/97, Liguori).-
La Cassazione ha specificato che: “Ai fini della configurabilità dell’esimente di cui all’art. 51 c.p. per il reato di diffamazione a mezzo stampa, l’esercizio del diritto di cronaca e di critica, per avere efficacia scriminante, postula: l’interesse che i fatti narrati rivestano per l’opinione pubblica, secondo il principio della pertinenza; la correttezza dell’esposizione di tali fatti, in modo che siano evitate gratuite aggressioni all’altrui reputazione, secondo il principio della continenza; la corrispondenza rigorosa tra i fatti accaduti ed i fatti narrati, secondo il principio della verità, principio comportante l’obbligo del giornalista di accertare la verità della notizia ed il rigoroso controllo dell’attendibilità della fonte” (C., Sez. V, 22/5/2000, n. 5941).-
Lapalissiana è la volontà diffamatoria dell’articolista di compromettere il nostro buon nome, la nostra immagine professionale di specchiati e stimati medici,  la nostra rettitudine morale. La Cassazione ha chiarito che: “Ai fini dell’integrazione dell’elemento psicologico nei delitti di ingiuria e diffamazione non è necessaria l’intenzione di offendere la persona nel sentimento del suo onore o della sua reputazione (animus iniurandi o diffamandi). Non postulando le norme relative alcuna ipotesi di dolo specifico, ai fini della sussistenza di tali delitti è sufficiente il dolo generico e cioè la volontà dell’agente di usare espressioni offensive, con la consapevolezza di offendere l’altrui onore o l’altrui reputazione. Ove siffatta volontà appaia evidente, nessuna rilevanza deve attribuirsi ai fini ed ai moventi che hanno determinato l’agente. È sufficiente, in altri termini, ad integrare l’elemento psichico, la volontà cosciente insita nella consapevolezza dell’attitudine offensiva della condotta” (C., 14.10.75, Ciampo, Cass. pen. Mass. Ann. 1976, 142; C., 17.1.1984, Luci, Riv. pen. 1984, 781; C., 23.9.97, Cantonetti, Cass. Pen. 1999, 151).-
Per il reato di diffamazione pluriaggravata, ai sensi del combinato disposto dell’art. 595, commi 3 e 4 c.p. e dell’art. 13 della L. 8 febbraio 1948, n. 47, insistiamo nella punizione dei responsabili della condotta delittuosa, riservando la costituzione di parte civile nell’instaurando procedimento penale.-
 Nella deprecata ipotesi di richiesta di archiviazione, chiediamo di essere notiziati ai sensi dell’art. 408, 2° co., c.p.p.-
            Allego copia dell’articolo diffamatorio.-
Acri (CS), 16 maggio 2014.-
Con ossequio.-

            Pasquale Francesco Benvenuto                                                   Salvatore Ferraro



martedì 17 giugno 2014

PREVENZIONE ED ELIMINAZIONE DEL FENOMENO DEL RANDAGISMO





L’Amministrazione Comunale dopo aver rimosso gli ostacoli che impedivano di mettere freno al problema del randagismo, si avvia ad intraprendere quel circolo virtuoso che permetterà una convivenza civile fa uomo e animali, mettendo in pratica quanto già definito con l’Ordinanza n° 28/2013, il Regolamento Comunale per la tutela degli animali e la prevenzione del randagismo approvato dal Consiglio Comunale, il Contratto di Servizio in corso di stipula fra Comune e ASL che individua i compiti dei rispettivi Enti.

Al Comune spettano le seguenti funzioni:
     1.    Controllo del territorio
     2.    Vigilanza sui cani di proprietà
     3.    Mantenimento dei cani catturati nel canile sanitario e rifugio.
     4.   Adozione dei cani senza proprietario ricoverati nei canili.
Ai Servizi Veterinari delle ASP vengono assegnati i seguenti compiti:
     1-    Identificazione cani e gestione anagrafe canina;
     2.    Adempimenti sanitari (microchip, trattamenti antiparassitari e vaccinali, sterilizzazione e cura soggetti ricoverati nei canili sanitari.
             3.    Educazione sanitaria;
     4.    Servizio cattura.

Brevemente ricapitoliamo cosa ha trovato in questo campo la nostra Amministrazione al suo insediamento avvenuto nel luglio 2013. Sul sito del Comune in data 21/10/2013 è stato pubblicato un resoconto molto dettagliato.

In data 07/02/2013 il titolare del canile Cinosport aveva comunicato al Comune che il 31/12/2012 era scaduta la convenzione per il mantenimento e la custodia dei cani randagi catturati nel Comune di Acri e che venivano sospese le catture. Il Comune era invitato a provvedere a saldare le fatture emesse e non onorate, che a decorrere dal 28 febbraio 2011 ad agosto 2013 ammontavano a 150.000 €! E che mensilmente aumentavano di 5.000 €. Seguivano incontri con i responsabili della ditta Cinosport irremovibili sulla ripresa delle catture fino a quando non venisse pagato almeno una buona parte del credito. L’Amministrazione riusciva a pagare l’arretrato del 2011,  grazie alla dotazione DL 35/2013.  A causa del sopravvenuto dissesto e del piano di rientro in corso di preparazione, i pagamenti del 2012 e 2013 venivano rimandati alla definizione del piano stesso
Si stabiliva il pagamento delle rate mensili 2014 e la stipula della convenzione, deliberata dalla Giunta nella seduta del 3 giugno 2014.
Intanto sono ricominciate le catture, primi fra tutti i cani malati.

 Il servizio veterinario dell’ASL non aveva ad Acri un ambulatorio e il Comune ne ha creato uno in Via della Sila.

Per quanto riguarda le adozioni è in corso di allestimento il sito che metterà in mostra le foto degli 80 cani presenti nel canile rifugio, che, ricordiamo, ci costano 5000 € al mese. Per questi cani e per quelli che mano a mano saranno catturati, microchippati, curati, sterilizzati nel canile sanitario, il Comune offrirà la cifra di 200 € a chi volesse adottarli, per un massimo di tre adozioni a persona. In collaborazione con servizio Veterinario dell’ASP e le associazioni di volontariato saranno periodicamente organizzati dei raduni finalizzati all’adozione con la presentazione diretta di gruppi di cani.

A breve sarà avviato un piano riguardante anche i gatti e le colonie feline.

Intanto sabato si svolgerà il primo raduno per la microchippatura di quei cani per i quali tanti cittadini hanno già pagato il conto corrente previsto dall’ASL e per quei proprietari che vorranno farlo in questa settimana.

Mettersi in regola con l’iscrizione all’anagrafe canina e l’applicazione del microchip ai nostri cani, rappresenta un atto di civiltà e di rispetto nei confronti degli animali e della collettività e costituisce un momento cruciale della prevenzione del randagismo. Ma è anche obbligatorio per legge e mette al riparo dal rischio sanzione prevista per i trasgressori.
A breve infatti inizieranno i controlli da parte del Comune sui cani in circolazione con i lettori di microchip.

Confidiamo nella collaborazione e nel senso civico dei nostri concittadini per ottenere, prima di tutto e una volta per tutte, l’eliminazione del fenomeno randagismo con tutte le sue conseguenze in termini di igiene, sicurezza e decoro urbano.



venerdì 13 giugno 2014

ACRI E LA CALABRIA CHE VOGLIAMO!

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L’Unesco riconosce il Parco Nazionale della Sila 
10ª Riserva della Biosfera italiana nella Rete Mondiale

Il Consiglio Internazionale di Coordinamento del Programma MAB, nel corso della sua 26° sessione in corso di svolgimento a Jönköping in Svezia, ha approvato l’iscrizione della Sila come 10° Riserva della Biosfera italiana nella Rete Mondiale dei siti di eccellenza dell’UNESCO.
Tale risultato è il frutto dell’intenso e lungo lavoro di coordinamento avviato dal Parco Nazionale della Sila con la presidenza della Prof.ssa Sonia Ferrari e sul quale c’è stata grande sinergia tra tutti gli Enti coinvolti: la Regione Calabria,  le Province di Cosenza, Catanzaro e Crotone e i 21 Comuni dell’Ente Parco, fra cui Acri.
Il nostro Comune, con Delibera di Giunta n° 103 del 30 agosto 2013, Riserva Mondiale della Biosfera – Programma MaB Unesco “Sila”,  ha aderito alla proposta di inclusione del territorio comunale esterno all’area protetta compresa nel Parco Nazionale della Sila.
Il processo di candidatura è stato guidato dal Comitato Nazionale Tecnico MAB, che ha preso parte all’incontro con una delegazione formata dal Ministero dell’Ambiente, dal Corpo Forestale dello Stato e dal coordinatore del progetto, nonché direttore del Parco, dott. Michele Laudati.
La Riserva della Biosfera della Sila include il Parco Nazionale, come aree “core” e “buffer” del sito UNESCO (290.000 ha), e si estende al di fuori del Parco nell’area di “cooperazione”, non sottoposta a vincoli e volta invece a dimostrare il rapporto equilibrato tra attività umane e natura, per un totale complessivo di circa 400.000 ha.
Con la decisione odierna arriva il primo riconoscimento UNESCO  alla Calabria, dovuto all’ampia varietà di ambienti naturali e agli habitat che fanno della Sila un hot-spot di primo rilievo nella Regione biogeografica mediterranea e luogo selezionato da IUCN e WWF come centro di diversità vegetale mondiale.
I rappresentanti degli Stati intervenuti alla sessione di lavoro svedese hanno espresso il loro forte apprezzamento, all’unanimità, per il lavoro preparatorio alla candidatura svolto dal parco, soprattutto per l’ampio processo di coinvolgimento degli stakeholder pubblici e privati, per la qualità delle produzioni locali e del turismo, nonché per il partenariato promosso tra tutte le Autorità responsabili per la gestione e la promozione di azioni e progetti di sviluppo sostenibile per l’intera comunità silana.
Il riconoscimento Unesco dimostra che il Parco della Sila, con il suo preziosissimo patrimonio paesaggistico e di biodiversità, ha tutte le carte in regola per essere promosso al meglio nei circuiti internazionali del turismo naturalistico.
Il Parco potrà quindi rafforzarsi nel suo ruolo di forte attrattore turistico, da cui partire alla scoperta delle ricchezze della Calabria, dalla montagna al mare, ai borghi, agli straordinari tesori artistici, storici e culturali, alle eccellenze enogastronomiche.
Il riconoscimento Unesco rappresenta una vittoria importante per la Calabria ed anche per l’intera Italia, che dimostra l’ottimo livello del lavoro svolto in questi anni per l’ottenimento dell’ambizioso riconoscimento Unesco.
Essere inseriti nella rete Mab dell’Unesco, se da un lato vuol dire che la Sila rappresenta concretamente un luogo di pregio e di eccellenza dal punto di vista ambientale, ci deve però responsabilizzare tutti.
Ciò significa che da oggi il nostro impegno deve essere ancor maggiore per quanto attiene la tutela e la salvaguardia del territorio, soprattutto è necessaria una vigilanza istituzionale e civile nei confronti di chi deturpa le nostre bellezze, o peggio ancora, distrugge i nostri boschi, compiendo dei veri e propri crimini ambientali.
Ma il lavoro non finisce qua per quanto riguarda i riconoscimenti Unesco.
Infatti in questi giorni è attiva la campagna di web marketing per raccogliere le adesioni di sostegno alla pratica di riconoscimento del Parco Nazionale della Sila per la “World Heritage List” dell’Unesco, quale patrimonio dell’umanità, i cui risultati si conosceranno nella primavera del prossimo anno.

Finalmente una grandiosa notizia di un risultato eccellente che riscatta Acri e la Calabria dal quotidiano bollettino di fatti nefasti ed avvilenti per le nostre popolazioni. 


mercoledì 11 giugno 2014

SUPPOSTA DIFFAMAZIONE


IL CORRETTO ESERCIZIO DEL DIRITTO DI CRITICA POLITICA
 RICONOSCIUTO AL SOTTOSCRITTO DA UN MAGISTRATO



Nel novembre 2013 l’ex vicesindaco Maiorano proponeva alla Procura della Repubblica formale querela per il reato di diffamazione nei miei confronti per un comunicato stampa diffuso dall’amministrazione comunale ed apparso su questo blog e su altri organi di stampa.
Il comunicato rappresentava una risposta ad un volantino denigratorio nei confronti dell’amministrazione del sindaco Tenuta e della sua persona. Elencava alcuni fatti riferiti alla passata amministrazioneTrematerra-Maiorano e concludeva con : “se questo è il livello sotto il quale l’UDC vuole misurarsi in politica eccoli accontentati, ma loro con le chiacchiere, noi con i fatti”.
Il 24 marzo 2014, assistito dal mio difensore di fiducia Avv. Giuseppe Andrea Ferraro, del foro di Cosenza, venivo ascoltato, quale indagato, da un Ufficiale di P.G., Sostituto Commissario Polstato, della Procura di Cosenza, per rendere sommarie informazioni ritenute utili riguardo al reato contestatomi.
Protestandomi innocente, dichiaravo che il contenuto del comunicato faceva riferimento a fatti riscontrabili e documentati e non presentava alcun riferimento ascrivibile ad ostilità personale nei confronti del Maiorano. A tale proposito, nel comunicato in questione venivano riportate testualmente espressioni utilizzate dalla Corte dei Conti nella Delibera n° 24 del 27/05/2013 che veniva esibita e consegnata in copia. Non veniva ritenuto necessario, a parere del P.G., aggiungere ulteriori prove documentali, che avevo portato con me, come quelle  dimostranti,ad esempio, che la gran parte “dei candidati delle liste di Maiorano ha ricevuto compensi e incarichi durante il triennio 2010-2013”.
In data 26/03/2014 il Pubblico Ministero
considerato
che non emerge dai fatti di causa il reato di diffamazione, trattandosi nel caso di specie di un comunicato stampa che non travalica i limiti di un corretto esercizio del diritto di critica politica, da inquadrare in un contesto di aspro scontro ormai insorto tra la maggioranza e la minoranza in seno al consiglio comunale di Acri. Tra l’altro il comunicato in relazione al quale è stata proposta querela costituisce immediata e proporzionata reazione ad un volantino diffuso dall’Udc di Acri, anch’esso contenente aspre critiche politiche nei confronti della maggioranza del citato Comune e in cui tra l’altro si adombrava di promozioni che l’attuale maggioranza avrebbe chiesto per i suoi amici. Per il resto…molti dei termini utilizzati effettivamente erano pedissequamente ripresi dalla deliberazione n’ 24/13 della Corte dei Conti di Catanzaro, con cui appunto l’organo contabile rilevava forti criticità nella gestione finanziaria del Comune di Acri durante la precedente amministrazione, di cui appunto l’odierno querelante era esponente. Su queste basi il reato di diffamazione non può ritenersi sussistere perché trattasi di corretto esercizio del diritto di critica politica non trasmodante in gratuiti attacchi alla persona, senza contare che nel caso di specie può ritenersi operante la causa di non punibilità di cui all’art. 599, 2° comma, c.p.;      
                                                     P.Q.M.
             Chiede al Gip in indirizzo l’archiviazione del procedimento in epigrafe con conseguente restituzione degli atti a questo Ufficio.”
In data 05/05/2014il G.I.P. del Tribunale Ordinario di Cosenza disponeval’archiviazione del procedimento.

Da quando pubblico articoli su questo blog,  penso di aver esercitato il mio diritto di critica nei limiti della verità del fatto narrato, dell’interesse pubblico alla sua conoscenza e della correttezza con cui il fatto viene riferito. Per cui non avevo dubbi che questo diritto mi venisse riconosciuto.
Così come ero sicuro di non aver diffamato l’avv. Maiorano, che continuo, nonostante tutto, a stimare come professionista, ma che nella sua attività politica ha avuto la disavventura di frequentare cattive compagnie, che tanto danno stanno arrecando, queste sì, alla sua onorabilità.
Gli auguro di uscire a testa alta dalla vicenda che in questi giorni lo vede indagato, senza risentimento per avermi fatto vivere ingiustamente tal ruolo per qualche mese e per la prima volta.



sabato 7 giugno 2014

LA REGIONE CONTINUA A FAR DANNI ANCHE SE SCIOLTA


COMUNI TARTASSATI



Ieri 6 giugno si è tenuta a Lamezia un'assemblea urgente di tutti i Sindaci della Calabria, convocata dal Presidente dell’ANCI, per discutere e dare una risposta al provvedimento che raddoppia le tariffe per la spazzatura.
Nei giorni scorsi, infatti, attraverso una nota inviata a tutti i Comuni della Calabria, il Dirigente Generale del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria, ha informato gli Enti che, con Decreto dirigenziale  n. 5823 del 14 maggio 2014, sono state rimodulate le  tariffe relative allo smaltimento dei RU e del trattamento in impianto della frazione umida a decorrere dal 1 maggio.
La tariffa per il conferimento di RU indifferenziato è passata  da 91,84 euro/t a 176, 25 euro/t , mentre la tariffa per il conferimento della frazione umida della differenziata è passata da 34,65 euro/t a 105,26 euro/t .
Si tratta, innanzitutto, di un provvedimento illegittimo, dato che la stessa L.R. 12 aprile 2013,  n. 18 , art. 1, comma 3 - richiamata nella nota del dirigente  -  demanda espressamente alla Giunta regionale, e non anche ad un decreto dirigenziale, la competenza a rimodulare le tariffe, in aumento o in diminuzione, in materia di rifiuti.
Ma si tratta anche di un atto iniquo, punitivo e disincentivante la raccolta differenziata dei rifiuti medesimi.
In questi mesi molti Comuni si sono adoperati per intraprendere il percorso virtuoso della raccolta differenziata, profondendo ingenti risorse e notevole impegno.  Il raddoppio delle tariffe da corrispondere alla Regione, unica responsabile del disastro e dell’emergenza rifiuti, metterebbe in ginocchio tutti i Comuni.
Il Comune di Acri, in particolare, che è stato costretto a inviare ruoli addirittura triplicati per la TARES, le cui motivazioni sono state portate a conoscenza della cittadinanza nell’ultimo comunicato stampa, dovrebbe ulteriormente aumentarli.
L’Amministrazione comunale di Acri da qualche settimana è riuscita ad uscire da un’emergenza rifiuti soaventosa, che tanta gioia provocava ai suoi detrattori, caricando sulle proprie spalle lo stato di grave inefficienza che contraddistingue la gestione dei rifiuti nella nostra regione, sopperendo a gravi deficienze della Giunta regionale. Non possiamo assolutamente far pagare ai nostri cittadini,  già vessati da una tassazione insostenibile, il fallimento di una politica regionale scellerata e le incompetenze di funzionari incapaci.
Inoltre il nostro Comune è stato costretto da questo provvedimento, a prorogare la scadenza del bando di gara per l’appalto del servizio di raccolta differenziata e indifferenziata, ed a modificare il capitolato speciale d’appalto, accollandosi la parte eccedente i 91,84 € prevista da precedente ordinanza commissariale.

Una Giunta regionale il cui unico obiettivo è stato quello di esportare i rifiuti all'estero, senza mai riuscirvi, dilapidando un patrimonio di 840 milioni di euro che potevano essere utilizzati a finanziare un serio e concreto Piano regionale per mettere in moto un ciclo virtuoso nella gestione dei rifiuti e fare in modo che da problema potessero diventare risorsa, come ormai si verifica in tutte le altre regioni italiane.
Se queste sono le modalità con le quali la nostra Amministrazione regionale intende perseguire, per come dichiarato, l’incremento della raccolta differenziata, sorge spontanea la domanda su quali misure avrebbe dovuto adottare se l’avesse voluta disincentivare. Alla luce di questo provvedimento, risultato del fallimento della Giunta Regionale, i cittadini vedrebbero triplicata la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti, senza la soluzione al problema.
Dopo una lunga e articolata discussione, alla fine dell’assemblea, tutti i sindaci hanno deciso, all’unanimità, di assumere una forte e ferma iniziativa. Mercoledì 11 giugno, giorno della penultima seduta del consiglio regionale, i sindaci di tutti i Comuni calabresi, si recheranno in massa a Reggio Calabria, per chiedere una interlocuzione immediata per la sospensione di questo iniquo e illegittimo provvedimento, procedendo, in caso di una mancata revoca, all’occupazione della sede del consiglio fino a quando non verrà cancellato il decreto dirigenziale.

P.S. Resta qualche dubbio sull’effettiva riunione del consiglio regionale, visto che in questi giorni, su 43 dei 50 consiglieri, sono piovuti altrettanti avvisi di garanzia per peculato. http://www.ilquotidianodellacalabria.it/news/politica/726377/Regione--i-nomi-dei-consiglieri.html

mercoledì 4 giugno 2014

DISSESTO FINANZIARIO E BOLLETTE SALATE


                  I LANZICHENECCHI E IL SACCO DI ACRI
                              

Ogni cittadino ha il diritto dovere di informarsi e di essere informato.
Il diritto all’informazione è uno dei fondamenti della democrazia ed è garantito dalla Costituzione per avere cittadini consapevoli delle loro scelte, capaci di difendere i propri diritti, in grado di esprimere una critica basata sulla conoscenza dei fatti. Il cittadino non informato o disinformato diventa strumento di chi mistifica e disinforma per fini e interessi propri o di partito.

Quello che si sta verificando nel nostro Comune per l’aumento dei tributi, dimostra la tendenza a parlare, criticare e protestare per sentito dire o per partito preso, ignorando o sorvolando su atti, fatti e cifre.
E’ necessario chiarire a tutta la popolazione che cosa si paga e perché si paga di più, e smentire alcune favole che certi politicanti cantastorie mettono in circolazione allo scopo di strumentalizzare ed esasperare il sacrosanto malcontento dei cittadini.  
Con D.L. n° 201 del 6 dicembre 2011, il famigerato governo Monti ha fissato, a partire dall’1 gennaio 2013,  l’avvio della TARES (Tassa Rifiuti e Servizi) che ha determinato un aumento spropositato del tributo.
Infatti questa tassa deve servire a coprire il 100% dei costi del servizio e smaltimento dei rifiuti.
Nel nostro caso, la TARES del 2013, che i cittadini di Acri devono pagare in questi giorni, serve per coprire il costo del servizio di smaltimento rifiuti, che nel 2012, è stato di 3.200.000 €, per 10.000 tonnellate di rifiuti prodotti.
Più si produce spazzatura, più aumentano i costi e più sarà salata la bolletta della TARES. Soprattutto per questo vi è la necessità di ridurre il più possibile la quantità di rifiuti prodotti che vanno in discarica.
Nel 2013 abbiamo abbassato la quantità di rifiuti dalle 10.000 tonnellate alle 7.000 per cui la TARES da pagare sarà più bassa il prossimo anno. E ancora più bassa sarà quella che dovremo pagare perché a breve sarà dato in appalto tutto il sistema di raccolta dei rifiuti ad una ditta specializzata, al prezzo di 1.600.000 €.  Di conseguenza questa tassa sarà dimezzata rispetto a quella attuale.
Quindi l’Amministrazione Tenuta non è responsabile del gravoso aumento della tassa sulla spazzatura.
I cantastorie, poi, hanno messo in circolazione altre favole del tipo: “Il dissesto si poteva evitare”. “L’aumento delle tariffe era dovuto al dissesto, adesso il dissesto non c’è più, per cui bisogna abbassarle…”

Il 30 aprile scorso l’Amministrazione Tenuta ha vinto il ricorso, dinanzi alle Sezioni Riunite della Corte dei Conti, contro la deliberazione della Sezione Regionale, che attraverso il Prefetto, imponeva al Consiglio Comunale, pena lo scioglimento del Consiglio stesso, la dichiarazione del dissesto finanziario provocato dalla precedente Amministrazione a guida Trematerra-Maiorano.
Per cui, l’unico provvedimento, senza alternativa, per evitare la dichiarazione di dissesto era lo scioglimento del Consiglio, a cui avrebbe fatto seguito l’arrivo di un Commissario con una maggiore tassazione a carico dei cittadini per estinguere l’enorme debito.
Infatti, nonostante il ricorso vittorioso che ha annullato il dissesto, i 20 milioni di euro di debiti creati dalla vecchia Amministrazione non sono affatto scomparsi, ma restano, anche se 1.600.000 di questi debiti sono stati già pagati dalla nostra Amministrazione.

La città di Acri è stata salvata dal fallimento rappresentato dal dissesto finanziario grazie alle grandi capacità tecniche amministrative del sindaco Tenuta e dei suoi collaboratori, i quali adesso, entro il 30 luglio, devono preparare un piano di rientro  per convincere la Corte che siamo capaci da soli di risanare le finanze del Comune.
Per cui, il dissesto non c’è più ma c’è sempre una montagna di debiti da pagare.

Sarebbe giusto che a pagare non fossimo tutti noi cittadini incolpevoli, ma solo chi ha creato questo debito e auspichiamo che  la Corte dei Conti sia abbastanza scrupolosa nel valutare la gestione allegra dell’ Amministrazione Trematerra-Maiorano, per il saccheggio di danaro pubblico in spese folli e per il mancato pagamento, in quei tre anni devastanti, di centinaia di creditori che hanno fornito beni e servizi al Comune.