sabato 28 maggio 2016

QUANDO LA SOLIDARIETA’ E’ MAL APPLICATA E SCONFINA NELL’INCIVILTA’ E NEL REATO.


POST LEGGERO.


Ieri pomeriggio, partito da Acri per Cosenza, appena fuori paese tutti (dico tutti) gli automobilisti che incontravo mi lampeggiavano. Dopo 6 chilometri (pensate quanti lampeggiatori) c’era il posto di blocco dei  carabinieri, che fra l’altro stavano smontando.
Ora, egregi concittadini che su FB piagnucolate sui furti e sulla mancanza di vigilanza da parte delle forze dell’ordine, questa sorta di solidarietà che si stabilisce fra automobilisti (che poi sparisce di colpo se rispetti il limite di velocità e quello di dietro ti suona perché ha fretta e ti mostra il dito medio), vi sembra proprio normale, proprio civile, proprio legale?
Non vi passa per la mente, che potreste lampeggiare e perciò avvisare non solo chi sta parlando al cellulare (quasi tutti) ma che potreste mettere sull’avviso e far fare dietro front al tizio che vi ha appena svaligiato casa, o allo spacciatore che ha venduto la dose a vostro figlio (sì lo so che vostro figlio non si droga, ci mancherebbe altro, proprio vostro figlio poi…. era generico, come i farmaci). Insomma non vi sembra che possiate essere complici di chi contravviene alle regole e alla legge?
Sì, perché, oltre che un atto di inciviltà autolesionistica, lampeggiare con gli abbaglianti per segnalare una pattuglia o un autovelox ai sensi dell’art. 153, comma 11 del Codice della strada “Uso improprio degli abbaglianti”, costa una multa e  un punto in meno sulla patente.
Per cui quando sentite questo incontenibile impulso solidale di segnalare la presenza di una pattuglia dei carabinieri, state attenti a chi segnalate…. Potreste farlo a una seconda pattuglia che vi fermerà e si complimenterà con voi.



venerdì 27 maggio 2016

DI PREMI LETTERARI ED ALTRE ENTITA’ ARCANE.




Avevo intenzione di scrivere ed informare la cittadinanza sul Premio Arena che si svolge ad Acri con cadenza biennale.
Se ne occupa un Comitato Promotore in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, che lo finanzia con 15.000 euro.
Finalità del Premio è la conoscenza e la promozione della figura e delle opere del Professor Giuseppe Antonio Arena. Fatalmente ed imperscrutabilmente quando in questa cittadina promuoviamo qualcosa o qualcuno otteniamo il risultato opposto.
Per quel che può servire, da un modesto sondaggio da me condotto, il Professore è ignorato dal 90% della popolazione giovanile, a meno che questi giovani non risiedano nella contrada Duglia, luogo di origine di Arena e ove vivono i suoi familiari.
Stiamo parlando di un personaggio, che per la sua opera letteraria e poetica, in un articolo pubblicato nel 1994 sul New York Times dalla scrittrice e giornalista americana Catherine Wall, veniva così definito: “Una delle voci più originali e significative della poesia mondiale dei giorni nostri. Se vogliamo accostarlo ad un contesto riconoscibile dobbiamo risalire al mondo classico, a poeti come Omero e Virgilio, poi fare riferimento a Dante e Petrarca, e infine, giungendo all’epoca contemporanea, richiamare, soprattutto, nomi come  quelli di Federico Garcia Lorca e di Cesare Pavese”. Alzi la mano chi lo sapeva (escluso i consiglieri comunali naturalmente).
Per dare un’idea, invece, di come vanno le cose intorno al Premio, senza sforzarmi molto e per economizzare sul tempo, pubblico la lettera di risposta alla bozza di proposta inviatami dall’unico componente acrese del Comitato Promotore del Premio, la Prof.ssa Franca Ferraro, perché dà un’idea di come funzionano queste cose. Ah, dimenticavo, il  Comitato Promotore è costituito inoltre da Vincenzo Bonofiglio, Bruno Bruni, Giovanni Persico e Domenico Scafoglio. Che tutti voi certamente conoscete.

Cara Franca,
dopo le telefonate intercorse fra noi in seguito alla mail che mi hai inviato con la bozza del programma del Premio Arena, penso che sia più utile che io Ti risponda per iscritto, cercando di essere più chiaro possibile, anche se di queste cose bisognerebbe parlarne in un pubblico dibattito con la partecipazione dell’Amministrazione Comunale, del Tuo Comitato e della cittadinanza, primi fra tutti i familiari del Professor Arena. 
Il mio impegno come assessore sta volgendo alla fine – può essere questione di giorni, non lo so, dipende dal sindaco, al quale ho già comunicato l’intenzione di lasciare e che ho pregato di trovare al più presto (termine ultimo 31 maggio 2016)  il mio sostituto al quale passare le consegne.
Fra queste riveste un ruolo importante la programmazione del Premio Arena.
Ti ringrazio per aver raccolto il mio “stimolo”, che probabilmente non è stato inteso appieno, a partire da quello che Tu chiami “taglio meridionalista”, e che a me suona un po’ retorico e anacronistico. Io volevo dire che si dovrebbe guardare al territorio, al nostro territorio e, soprattutto, al contributo che ad esso ha dato il Professor Antonio Giuseppe Arena.
Ritengo attinente e rilevante la scelta di portare qui Fortunata Piselli, che ha effettuato il più grande studio socio-antropologico sulla nostra comunità, dopo quello del Padula, e che io avevo contattato per un convegno su emigrazione e immigrazione, in occasione della venuta del Prof. Joseph Luzzi.
La scelta della Piselli potrebbe creare qualche reazione in alcuni che hanno  intravisto nel suo “Parentela ed Emigrazione” solo dei risvolti gossippari,  come si direbbe oggi, ma sarebbe una grande occasione di riflessione sui reticoli sociali che avvinghiano la nostra collettività e ai quali tanta attenzione ha posto il Professor Arena.
(Omissis)
 La mia richiesta al valente ed imperituro Presidente della Fondazione Padula, Prof. Cristofaro, di inserire anche il Premio Arena, nel progetto che lui ha presentato per il bando regionale Eventi Culturali, potrebbe aggiungere, nel caso di finanziamento del progetto, un ulteriore contributo  ai 15.000 euro messi a disposizione dal Comune per il Premio.
Ma sinceramente, per quel che concerne il programma penso che ci si rientri abbondantemente con le risorse finanziarie, a meno che questo "osservatorio" di cui scrivi nella Tua bozza, non comporti un impegno di spesa notevole, ma tutto da valutare.
Per me l’impostazione solita del Bando potrebbe andare anche bene: Opere da premiare, convegno, lavoro degli studenti. Penso che la definizione del Regolamento e la realizzazione del “concorso”  non comporti chissà quale impegno, ma come gli altri anni, potrebbe essere tranquillamente redatta dagli Uffici con la Tua collaborazione.
Ma la proposta che fa l’Amministrazione, riguarda la novità, il cambio rispetto al passato che Tu stessa ammetti di voler attuare finalmente.
In occasione della intitolazione del Largo al Professore, nel ventennale della sua scomparsa  – quanto è stato fatto sospirare quel meritato  riconoscimento! – avevo espresso la necessità di creare un luogo della memoria più duraturo, più concreto e più visibile,  che abbracciasse vita e opera del Professore, e che potesse costituire un reale patrimonio da tutelare.
La mia proposta di una raccolta e di una pubblicazione di tutta la corrispondenza epistolare che il Prof. Arena ha intrattenuto con i suoi più cari amici (Rizzuto, Cugliari, Covello, ecc) potrebbe essere una novità del Premio di quest’anno.
Ritengo però, e scusami se insisto, che va rivisto tutto il meccanismo di gestione della memoria di Arena che non può ridursi ad un mero incontro biennale che si esaurisce  in due giorni. Il Professore merita ben altro.
Del Premio -  potremmo dire di questa entità sconosciuta - non vi è traccia su internet, non un sito, non un luogo dove leggere chi sono i componenti del Comitato e cosa fanno. In una democrazia in cui si privilegi la partecipazione, i cittadini vorrebbero sapere. La gente vorrebbe sapere come andiamo a spendere questi soldi, e noi vorremmo spenderli a favore della nostra comunità sia in termini materiali che di investimento nella sua crescita culturale e sociale.
(Omissis)
Ripeto, bisogna rivolgere lo sguardo a due temi, Territorio e Professore Arena. E il Professore, figlio di questo territorio ha trattato i temi più attinenti ed ancora attuali che riguardano la nostra comunità, temi che solo in parte il tempo e la politica hanno attenuato o acuito.
Come l’emigrazione forzata di migliaia di nostri giovani. Ma anche tutto quello che ruota intorno a chi resta. Bisogna risvegliare nei nostri ragazzi il desiderio di restare, di cercare una ragione per provare un senso di appartenenza, di reinventare vecchi mestieri e di crearne nuovi, senza attendersi nulla ormai dalla politica tradizionale. Rifiutando ogni logica assistenzialistica, ogni autocommiserazione, ogni recriminazione
Recuperare l’orgoglio antiretorico di appartenere a una terra. Impegnarsi e appassionarsi a conoscere la storia locale, la letteratura, a risvegliare l’interesse per la sorte del nostro territorio.
Potremmo fare un elenco infinito delle “problematiche”, giovanili o di altre età. Ambiente e inquinamento, emigrazione, immigrazione e accoglienza, integrazione sociale, beni comuni, tutela del territorio, promozione e valorizzazione delle ricchezze naturali e culturali, e delle bellezze paesaggistiche. Ma soprattutto recupero dell’incoscio collettivo territoriale, di quel luogo storico, relazionale e identitario che una classe politica  incolta, con grande impegno e determinazione, ha cercato di distruggere, portando alla sua rimozione un’intera collettività.
Per concludere, cara Franca, che pur stai profondendo tanto impegno nel Comitato -  e sperando di non aver urtato la Tua sensibilità - cercherò di collaborare con il mio successore, ove mai mi venisse richiesto, e potrò dare il mio contributo, continuando a far politica dal basso, perché sono uno che si è sempre impegnato per il bene comune, uno che ama la propria terra, uno al quale è rimasta la voglia… di imparare e di capire.
Ma sarebbe necessario e sarebbe ora... di cambiare. E di averne il coraggio. Con stima.
Salvatore Ferraro.                    Acri 19 maggio 2016


sabato 14 maggio 2016

Lettera aperta ad Angelo Gaccione, intellettuale, scrittore, giornalista, portatore di nobili interessi libertari.





Carissimo Angelo,
dovendo lasciare gli incarichi istituzionali intrattenuti per circa tre anni in seno all’Amministrazione Comunale di Acri, sto cercando di definire alcune questioni rimaste in sospeso.

Ricorderai benissimo la vicenda del restauro del Monumento ai caduti delle ultime due guerre, perché Tu stesso, con due lettere pubblicate sui social e sui quotidiani locali, avevi mostrato quanto tenevi a cuore che si ponesse fine all’oltraggio riservato per 30 anni alla scultura del Maestro Gino Scarsi, da parte di tutte le amministrazioni succedutesi in questo nostro Comune. Tralasciamo, per carità di patria, le difficoltà incontrate dal Maestro quando decise di scendere personalmente quaggiù, per essere ricevuto e ascoltato, da interlocutori infastiditi ed sfuggenti. Non sempre la decantata ospitalità acrese fa bella mostra di sé. Atteniamoci all’accordo sottoscritto dal Maestro e dall’Amministrazione comunale per procedere al restauro della scultura che fu donata dal Maestro agli Acresi nel 1984, dietro Tuo personale interessamento.

L’accordo prevedeva, in sintesi, che il Maestro avrebbe prestato gratuitamente la propria opera di restauro, il Comune avrebbe affrontato le spese dei materiali e del trasporto di ritorno ad Acri della scultura, che l’Amministrazione si sarebbe impegnata a collocare in un luogo pubblico idoneo. Data presunta concordata con il Maestro per il rientro dell’opera, dicembre 2015.

Il giorno dopo l’accordo, partecipai alle operazioni logistiche, non facili, per issare la pesantissima scultura sul TIR che l'avrebbe portato in Piemonte ed ebbi l’opportunità di dialogare tutta la mattinata con il Maestro che condivise completamente sia alcune mie affermazioni in merito alla vicenda grottesca che aveva visto protagonista la sua creatura bistrattata, e sia le mie considerazioni iconografiche e storiche su quello che per me è un capolavoro artistico.

Uno dei motivi per cui ho accettato volentieri di concordare, a nome dell’Amministrazione, il restauro e la giusta collocazione dell’opera in un luogo pubblico, è stato proprio questo: penso davvero che la creazione del Maestro Scarsi sia un’opera d’arte di notevole pregio. Poi uno dei miei metri di misura per non sbagliare è pensare e dire il contrario di quello che dice la massa belante.

Ho letto e sentito dire e ripetere a pappagallo banalità insensate, luoghi comuni, inesattezze, idiozie raggelanti su quest’opera. La più ripetuta: l’opera è brutta ma il simbolo è bello. Così brutta – scena raccapricciante! –  al punto che qualcuno che l’ha vista da piccolo ne ha subito un trauma, e forse chiederà un risarcimento per le penalizzanti ripercussioni ancora oggi persistenti in campo professionale.

Sul S. Giorgio che uccide il drago – ve ne sono decine in tutte le piazze d’Europa - si sono esercitati scultori di fama e di basso rango, nessuno ha mai detto che è brutto perché truculento.

Anche nell’interpretazione semiologica e storica, i più preparati fanno una confusione enorme. Un giornalista, non scarso di sale, a caso:

Le tre figure in piedi rappresentano lo Stato, la Chiesa e il Capitalismo. Abbracciate e con un’espressione un po’ così: l’Amministrazione governativa mentre urla imperiosamente, l’Istituzione religiosa mentre predica affannosamente e infine la ricchezza del mercato sarcasticamente ridente, assistono alla morte del soldato caduto a colpi di fucile. Ad impugnare l’arma lo Stato.”

Basterebbe conoscere bene i copricapi, per capire chi rappresentano. Il primo il Nazismo, il secondo il Fascismo e il terzo L’America capitalista. La Chiesa è presente perché sul calcio del fucile vi è il suo imprimatur.

Certo il Maestro ci ha messo del suo nel confondere le idee già peregrine dei fruitori e che si sono ridotte al messaggio politico pacifista che quei pochi che lo hanno intravisto, hanno interpretato ognuno a modo loro. (*)

La confusione nasce anche dall’assoluta mancanza di conoscenze e di capacità interpretative ed analitiche di un’opera d’arte, sconosciute per lo più ad amministratori che sembrano dividersi su barricate ideologiche e teologiche, ma che in effetti hanno ben altro a cui pensare.   

E’ un’opera densa di significati e di suggestioni, rilevabili, attraverso l’analisi dei dettagli, da un occhio attento che sa vedere e che non deve per forza essere un esperto di semeiotica. La bocca inesistente del soldato segno della consegna dell’ubbidir e morir  tacendo, la mano destra contratta in atteggiamento di straziante dolore, l’anfibio che calza solo una gamba, ecc. Ma al di sopra di tutto la suggestione e il messaggio più spettacolare è il capovolgimento della figura del milite ignoto, da sempre rappresentato trionfante in piedi con la bandiera, mentre la guerra, soprattutto le due guerre mondiali, provocarono milioni di morti, di soldati, quasi sempre involontari, come quello genialmente rappresentato dal maestro Scarsi.

Ma ritorniamo al motivo di questa lettera aperta indirizza a Te che rappresenti un raro esempio di autentico intellettuale portatore di interessi civili, mentre qui da noi sembra che nemmeno i pacifisti-antimilitaristi più testardi se ne ricordino più, e quella tensione civile che era sembrato aver ripreso vigore nel giugno dello scorso anno pare essersi decompressa.

E da un po’ di tempo che cerco il Maestro, e dopo le comprensibili possibilità che sia così impegnato da non potermi rispondere, comincio a pensare che…

No, non voglio pensarlo, ho lasciato anche messaggi sulla sua pagina FB che è attiva, e sulla pagina della sua gentile consorte, Maria Lucia Roero, ma a tutt’oggi ancora niente.

Potresti per cortesia, ripetere, in direzione contraria, il Tuo appello dello scorso anno nei confronti dell’Amministrazione e farti latore di questa mia richiesta. Vorremmo sapere se dietro questo silenzio, ci sono o ci sono stati problemi con il restauro e/o se c’è stato qualche cambiamento unilaterale di programma rispetto a quanto pattuito nell’accordo siglato l'8 giugno 2015. Confido nel Tuo autentico spirito libertario che Ti ha reso valente sostenitore di una nobile causa da troppi ignorata.

Resto in attesa, tributandoTi la mia massima stima.

Salvatore Ferraro

(*) Storicamente vi è un falso plateale che forse ha contribuito a far sì che una certa parte politica, l’abbia osteggiato. Nelle due guerre mondiali, fra i milioni di morti e dispersi vi furono centinaia di migliaia di giovani americani. Gli americani avrebbero potuto tranquillamente starsene  a casa loro, perché in Europa non c’era il petrolio, secondo il luogo comune che li vuole invasori di Stati dove poter far razzie di ricchezze naturali.
Invece fu grazie ai marines che i due conflitti mondiali si risolsero con la sconfitta dei regimi totalitari europei.
So che il discorso comincia a prendere una piega che non Ti appassiona, ma lasciami solo dire che mi permisi di suggerire in tono scherzoso al Maestro che se voleva conferire veridicità storica al monumento – aggiungendo verità alla bellezza -  avrebbe dovuto sostituire il cilindro rappresentante il dollaro ($) con un colbacco, che simboleggiasse il comunismo, che con i suoi 100 milioni di morti causati nello scorso secolo,  non può essere certamente considerato un simbolo di pace.
L’imprimatur della Chiesa, scolpito sul calcio del fucile, rappresenta invece una verità storica inconfutabile, testimoniata dalle benedizioni che la Chiesa diede continuamente agli eserciti nazisti e fascisti. Quell’imprimatur, poi, rappresentò il motivo principale dell’ostracismo riservato all’opera del Maestro da parte degli amministratori della nostra città. Che, non dimentichiamo, è la città dove si abbattono le scuole per pavimentare sagrati.






sabato 7 maggio 2016

OGNI GIORNO DI PIU' LA POLITICA CERCA DI INFILTRARSI NELLE COSCHE.



Mi arreca non poco fastidio dover condividere anche solo un pensiero con certa gente lontanissima dalla mia visione del mondo e dei rapporti umani.
E non per questo cambio idea.
Con la sentenza n° 698 del 13/04/2016, la Suprema Corte di Cassazione bacchetta sul dorso delle mani, i giudici del Tribunale di Catanzaro per la loro Ordinanza colma di errori procedurali e vizi di legittimità  che hanno evitato (ritardato disperatamente) al Trematerra la misura della custodia cautelare (la gattabuia).
Fra i tanti fatti che sono stati ritenuti pacificamente commessi dall’ex Assessore all’Agricoltura e Forestazione, ce n’è uno che dà la reale dimensione umana e psicologica dell’indagato.
Dai colloqui intercettati fra i sodali della cosca, si ha “l’esatta misura, anche per il modo in cui parlavano del Trematerra, della considerazione (infima) che di lui avevano(pag. 11).
Ecco, è sgradevole condividere con quella gente la medesima bassissima considerazione che ho espresso così chiaramente nel mio articolo, frutto di una reazione incontrollata ad una sua calunnia infamante in risposta, a sua volta, ad un innocente ed ironico scherzo.
Ma le centinaia di telefonate e di messaggi di concittadini che avrebbero voluto scrivere loro quell’articolo, mi hanno fatto scoprire che anche tantissime persone perbene, e non solo i malandrini (che fanno il loro mestiere), lo considerano uno sprovveduto vuccapiartu.
Uno sprovveduto vuccapiartu che dovrebbe fare compassione se non fosse  per la cattiveria biliosa e stizzita che lo caratterizza quando si propone di attaccare gli avversari.
Sarà questo uno dei motivi per cui la gente preferisce il silenzio, o anche perché le frequentazioni e le collusioni, che ‘u vuccapiartu non ha mai rinnegato pubblicamente, gli servono a scopo intimidatorio, come dire pensateci bene prima di parlar male di me…
Silenzio assordante lo chiamano. Mai un riferimento nemmeno da parte di nostrani opinion maker rivoluzionari e loro adepti che preferiscono bersagli più tranquillizzanti e inoffensivi, intrattenendosi nel fare le pulci alle mie esternazioni, un esercizio di critica preservativo di supposte spiacevoli conseguenze.
E così, si sceglie il silenzio, il più forte alleato della mafia, che protegge corrotti e collusi, ostacola il lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine e tiene la gente in uno stato di sudditanza anche psicologica che giova solo alla sopravvivenza materiale e politica dei malfattori.
Ripeto quello che affermava Raoul Vaneigem, un libertario vero, autore di “Niente è sacro, tutto si può dire”. Non vi è un uso buono o cattivo della libertà di espressione ma solo un uso insufficiente. Bisognerebbe parlare e scrivere più compiutamente. L’omissione, l’omertà anche relativa è nemica della libertà. Ma per essere liberi è necessaria una merce rara, il coraggio. Il coraggio di cambiare.
Ma torniamo al nostro ex assessore. Dopo le querele del padre di circa due anni fa, conclusesi a mio favore con archiviazioni, mi ero ripromesso di non occuparmi più del familismo amorale di questa nascente dinasty casereccia.
Fece eccezione un articolo sul mio blog in cui mi dissociavo dalle affermazioni di amici che godevano per le disavventure giudiziarie dell’ex Assessore, ed in cui affermavo che la definizione “squallida”, data dal GIP alla sua condotta, non era condivisibile perché la dignità umana va sempre rispettata. http://www.ferrarosalvatore54.com/2015/07/godere-dei-naufragi-altrui.html

Signorilità incompresa. Le classiche margherite buttate davanti ai porci… Se le mangiano.

Con certa gente devi abbassarti al loro stesso livello. Alla loro cafonaggine cialtrona devi rispondere con la tamarreria più becera. Così capiscono. Alle querele con le controquerele. Così glielo fanno capire i magistrati.

















domenica 1 maggio 2016

TIMEO COMMUNEM IGNORANTIAM ET CONFIDO (*)






 Tantissime sono le motivazioni che mi supportano nella scelta di lasciare questa Amministrazione, prima tra tutte la convinzione di essere assolutamente “inadeguato” rispetto ad un modo di “fare politica”  e di amministrare che, ogni giorno di più, non comprendo e non condivido, né nel merito né per il metodo.
Alcune di queste motivazioni le ho già espresse nel mio ultimo scritto http://www.ferrarosalvatore54.com/2016/04/sulla-governabilita-di-questa-amena.html
Ho letto l’articolo di Rosanna Caravetta, Gazzetta del Sud, dove afferma  che la maggioranza che sostiene il sindaco Tenuta si è ricompattata e che è tornato il sereno. E che, dopo l’abbattimento della delibera sulla fondazione MaB dai pallettoni – è proprio il caso di dirlo del fuoco amico, io sia ritornato accucciato al mio posto.
Ho invitato il Sindaco più volte, l’ho fatto anche pubblicamente in Consiglio Comunale, perché trovi subito un mio sostituto.
Uno potrebbe obiettare, ma perché non ti dimetti? Non lo faccio, finchè posso, per “spirito di servizio” – concezione desueta  del modo di vivere gli impegni presi –  perché c’è un’ampia programmazione, soprattutto nel settore Cultura, in corso di svolgimento, e troncarla di netto con le dimissioni, come ha fatto l’assessore che mi ha preceduto, potrebbe creare problemi ulteriori alla nostra comunità.
Ringrazio tutti quelli che mi consigliano e mi pregano di non andar via, e fra questi tutti gli avversari di questa Amministrazione, perché è un riconoscimento sincero alla mia “devozione civica” che mi onora.
Perdonate l’immodestia, cari “avversari” politici che stimo più di tanti alleati, ma per motivi professionali ho una mente discretamente allenata ad individuare i nessi logici e causali nei rapporti, per cui mi chiedo:
Perchè Voi che criticate il sindaco Tenuta e ne invocate e auspicate la caduta ogni giorno, mi consigliate di restare al mio posto perché se vado via io  “l’Amministrazione muore”? Ecco, non riesco ad individuare il nesso logico. Giro a Voi la domanda.
Io non mi pento di aver lavorato per tre anni senza risparmiarmi, con passione, con tenacia, ma sempre con umiltà e correttezza, nell’interesse esclusivo della nostra comunità, spinto dall’attaccamento alla mia terra e dal desiderio di vederla migliore, interpretando il ruolo di assessore come puro e sano volontariato. Non me ne pento perché qualche utile risultato per la nostra collettività l’ho ottenuto.
Anche  se, per aver difeso Sindaco e Amministrazione, con decine di comunicati, mi sono tirato addosso le reazioni rancorose, le calunnie e le querele di persone toccate nei propri opachi interessi personali.
In ogni caso ciò che ho fatto, e ciò che ancora avrei potuto realizzare, lo affido al giudizio altrui.
Purtroppo ormai la casa comunale è diventata il luogo della confusione, se non proprio del capovolgimento dei ruoli. Con un sindaco che abdica alle proprie prerogative, e i Consiglieri di maggioranza e i Responsabili di Settore ed il Segretario Generale, che decidono le sorti di questa Amministrazione.
L’ho detto in Consiglio, ho portato esempi.
Io non ci sto ad essere sanzionato dall’ANAC , insieme al resto della Giunta, perché il Segretario ha omesso di svolgere un atto di sua competenza.
Siamo giunti al paradosso nell’applicazione della Bassanini. 
Sindaco e giunta non possono ingerire nella gestione. Il segretario non adempie ad un atto di gestione quale l’aggiornamento del piano anticorruzione. Sindaco e giunta vengono sanzionati perché dovevano ingerire nell’atto di gestione, imponendo al segretario di svolgere il suo esclusivo compito di gestione!
L’Avv. Pino Capalbo invece ritiene che Sindaco e Giunta siano anche loro sanzionabili per “responsabilità oggettiva cioè posizionale”, rifacendosi alla stessa motivazione dell’ANAC che ha respinto le controdeduzioni del Segretario e di segretari di tanti Comuni che hanno subito lo stesso trattamento. Ma il ricorso del sottoscritto e di un altro collega ex assessore, pure lui sanzionato, è rivolto al giudice monocratico, e a tutt'oggi non è stata  ancora emessa alcuna sentenza in merito.
In ogni caso ricorrerò finanche in Cassazione per vedermi riconosciuta la cancellazione di questa sanzione di cui non sono responsabile e che non può essere il ringraziamento per tutto il lavoro da me svolto in tre anni.
Fermo restante che rinnovo al Segretario l’invito di affermare pubblicamente quanto aveva detto al Sindaco e agli assessori in carica e dimessisi, e cioè che si sarebbe fatto carico di tutta la responsabilità della omissione. Poi potrei anche contribuire finanziariamente alla sanzione che solo lui dovrebbe pagare.
L’elenco delle occasioni mancate e dei fallimenti centrati di questa Amministrazione dovuti all’arretramento del Sindaco che lascia spazio alle  decisioni autonome dei Responsabili di Settore, è davvero lungo.
La sequela dei passaggi, con i Responsabili (non tutti), è identica alla vicenda del MaB che i consiglieri di maggioranza hanno affossato.
Tu lavori, proponi, investi risorse ed energie, segui un percorso complesso per realizzare un progetto utilissimo per la collettività… quando stai per concludere qualcuno, per capriccio personale o per incapacità o ignoranza di leggi e regolamenti, manda tutto all’aria. Quanto paghiamo per quel sistema perverso di assunzioni che la partitocrazia ha stabilito, in qualunque ente pubblico, e che non è basato sulle competenze e sul merito!?
Ripeto l’esempio citato in Consiglio.
Problema randagismo. Parliamo del Responsabile più preparato e capace (figuriamoci gli altri!).
Dopo un Regolamento sulla tutela degli animali e la prevenzione del randagismo approvato all’unanimità dal Consiglio Comunale, dopo 4 raduni cinofili con 120 cani di proprietà microcippati, dopo aver pagato tutti i debiti pregressi alla Ditta Cinosport, dopo la cattura di 50 cani randagi, a giugno 2014 eravamo arrivati quasi alla soluzione del fenomeno.
Nello stesso mese la Giunta Comunale deliberava l’approvazione della convenzione con la ditta Cinosport per il mantenimento dei cani, ad un prezzo vantaggioso per il Comune, bloccato per 5 anni. Il giorno dopo il Responsabile del Settore avrebbe dovuto invitare di corsa il rappresentante legale della Ditta e firmare il contratto. Invece dopo un anno la delibera giaceva in un cassetto. Chissà se sarò sanzionato perché ho ricordato al Responsabile solo 4 volte e non 5 di firmare il contratto?!? E l’Avv. Capalbo, candidato a futuro – chissà quanto prossimo - sindaco mi rimprovererà anche in questo caso la “responsabilità oggettiva cioè posizionale”?  (Che poi, detto fra noi, caro avvocato, una volta non la rimproveravi al buon Sindaco Coschignano quando per irresponsabilità dei funzionari, subiva anche lui sanzioni immeritate).
Dopo un anno di fermo, la Cinosport non era più disposta a firmare a quel prezzo il contratto ed è iniziata una disputa, sui cui particolari è meglio tacere, fra la Ditta e il Responsabile che qualche mese fa ha bandito una gara, sicura che ci avrebbe fatto risparmiare parecchio rispetto alle pretese della Ditta pluricitata. Risultato. La gara è andata deserta. E l’emergenza randagismo è tornata ai livelli del 2013.
Non me ne vorrà l’apparentemente sempre meno stimata Responsabile, ma sa che non ho peli sulla lingua, anche se in questi ultimi anni me ne sono cresciuti molti (in autotutela) sulla parete dello stomaco.
E di cosa dobbiamo parlare ancora. Dell’ordinanza sull’amianto  che ho passato all’Ufficio 2 anni fa e che non se ne sa nulla? O dell’appalto della rete fognaria e depuratori? O di tutto un cronoprogramma che nemmeno in maggioranza se ne parla più, visto come sono ferme con le quattro frecce opere come il Teatro, l’Ascensore, la Videosorveglianza, Caffè letterario, ecc. ecc.? 
Un fatto per me è acclarato: Non voglio più continuare a portare croci che non mi appartengono. 
Se proprio devo continuare ad investire una parte del mio tempo per la città dove sono costretto a vivere e lavorare, voglio farlo immaginando una vicenda nuova, in cui il protagonismo vero di gente laboriosa sia al centro di tutto. Gente distante dalle zuffe da pollaio in cui si dibattono tutti quelli che vogliono restare impigliati in quei reticoli sociali e politici che tanto magistralmente ha descritto 40 anni fa Fortunata Piselli nel suo libro dedicato alla nostra comunità. Meccanismi arrugginiti, circuiti ingrippati che si perpetuano di generazione in generazione e che non appartengono nè a me nè a tanti che come me vorrebbero solo "provare" a fare politica per la crescita del territorio, mettendo a disposizione le loro competenze, le loro conoscenze, la loro intelligenza, la loro passione e la loro onestà.

 (*) Un latino non molto corretto, ma che vorrebbe significare “Vedo l’ignoranza diffusa e ho fiducia” o “Vedo l’ignoranza diffusa e ne approfitto”. Fate Voi.