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Nel 2010 una coppia di Venezia dichiarò al Fisco sei euro.
Non denunciò la vendita di 180 ettari di terreno con cui incassò 65 milioni di euro.
Nella dichiarazione dei redditi del 2010 avevano dichiarato sei euro in tutto. 5 lui e 1 la moglie. Insomma, nullatenenti. In realtà la coppia, marito e moglie, qualcosa - in banca - la teneva.
Solo che si era dimenticata di denunciare l'incasso della vendita di 180 ettari di terreno: un incasso della modica cifra di 65 milioni di euro, ovvero la transazione immobiliaremaggiore realizzata nella provincia di Venezia nell’ultimo quinquennio.
La coppia di "nullatenenti" aveva venduto un'immensa area sul litorale di Eraclea equivalente a oltre 200 campi da calcio. Ne era proprietario l'uomo. Grazie agli accertamenti delle Fiamme Gialle del capoluogo veneto è stato scoperto che, attraverso due società con sede in Lussemburgo, veniva gestito un cospicuo patrimonio immobiliare. Ed era proprio dietro a queste due società che c’era il 68enne italiano, da sempre evasore totale. Per il 2009 e il 2010 l'uomo aveva dichiarato redditi rispettivamente per appena 4 e 5 euro, mentre la moglie nel 2010 aveva dichiarato un solo euro di reddito.
A carico dei coniugi la Finanza ha, invece, constatato redditi omessi per oltre 26 milioni di euro e corrispondenti imposte per circa 11 milioni. Somme calcolate dalla Guardia di Finanza in via presuntiva sugli investimenti di somme detenute all’estero che variavano tra i 140 e i 200 milioni.
domenica 27 novembre 2011
mercoledì 23 novembre 2011
36 MILA EURO MENSILI.
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I CONSIGLIERI REGIONALI CALABRESI, quelli che incassano più dei colleghi di altre Regioni, più dei parlamentari europei e nazionali, non vogliono mollare nemmeno un centesimo del loro malloppo.
Lontani anni luce dai problemi della gente.
Come dire: 432.000 (QUATTROCENTOTRENTADUEMILA) cocuzze all'anno!!!
I CONSIGLIERI REGIONALI CALABRESI, quelli che incassano più dei colleghi di altre Regioni, più dei parlamentari europei e nazionali, non vogliono mollare nemmeno un centesimo del loro malloppo.
Lontani anni luce dai problemi della gente.
Come dire: 432.000 (QUATTROCENTOTRENTADUEMILA) cocuzze all'anno!!!
lunedì 21 novembre 2011
mercoledì 16 novembre 2011
DINAMICHE DEMENZIALI DEL MERCATO DEL LAVORO.
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Come scoraggiare i datori di lavoro. Come creare disoccupazione
Follie giudiziarie: un giorno di lavoro dà diritto al posto fisso.
Varazze, Italia, 1 luglio 2010: un lavapiatti egiziano di 32 anni firma il contratto a termine per lavorare in un ristorante. Previsto il classico periodo di prova, durata trenta giorni. Al datore di lavoro ne basta però uno solo: la sera stessa, avverte il lavapiatti che non se ne fa nulla. Non lo ritiene all’altezza. Otto ore per dirsi addio. Così pensa il titolare. Ma la storia è solo all’inizio. Il lavapiatti si prende un avvocato e fa causa. A decidere, proprio in queste ore di interminabili discussioni sulle discrasie nel mercato del lavoro, è il tribunale di Milano. Verdetto storico, come se il lavapiatti pescasse il biglietto magico del Superenalotto: il giudice impone al ristoratore di pagare 14.200 euro come risarcimento, di riassumere il lavoratore, ma soprattutto di riassumerlo a tempo indeterminato. Per sempre, anche se l’accordo tra le parti era a termine, sei mesi da luglio a dicembre. Comunque la si giri, è sentenza choc. E chissà se tra i suoi superpoteri magici SuperMario ha pure quello di spiegarsi certe sentenze, di spiegarsi un mercato del lavoro regolato da una simile giustizia. Se ne sentirebbe il bisogno, per metterci mano.
Nelle motivazioni del tribunale, si legge che «una sola giornata non è sufficiente per valutare le capacità del lavoratore». E questa, lo capisce chiunque, è una solenne verità. Ma il punto, in questo perfetto esempio di Italia alla brace, non è questo. Può darsi davvero che il datore di lavoro abbia usato in modo troppo disinvolto il periodo di prova. Può darsi davvero che il lavapiatti sia vittima di una palese ingiustizia, tanto da meritare un risarcimento. Difatti, non è il risarcimento che colpisce. Quello che davvero nessuno riuscirà mai a capire è perché il ristoratore debba riprendersi il lavapiatti a tempo indeterminato. Dopo aver firmato un accordo per sei mesi, il lavapiatti si ritrova 14mila euro e il posto fisso. Cos’è, un nuovo miracolo italiano?
Dirà qualcuno: c’è ben altro. Nella terra del ben altro, anche l’assurdo diventa sempre secondario. Con questa nostra vocazione a rimpallare qualsiasi grana, perché in giro ci sono grane peggiori, ci siamo lentamente imbucati nell’incubo dello spread, consegnandoci nelle mani degli spread-giudicati. Ma SuperMario, con la sola imposizione delle mani, non può non percepire come queste dinamiche demenziali nel mercato del lavoro siano un problema centrale.
Che un tizio parta con una causa per ottenere giustizia e si ritrovi ricoperto di fortune resta un assurdo, anche se c’è ben altro.
Non è nemmeno il caso di spiegarlo: il lavoratore a tempo determinato va protetto dalle carognate del suo titolare. Ma che un tribunale lo risarcisca con il posto fisso è francamente difficile da accettare, persino qui, dove siamo allenatissimi alla giustizia acrobatica.
Certo, c’è ben altro. Ma prima o poi bisognerà cominciare. Da anni abbiamo poche certezze realmente condivise: «non ci sono più le mezze stagioni» e «bisogna riformare il mercato del lavoro». SuperMario ha i superpoteri, ma farà meno fatica a ridarci le mezze stagioni.
Come scoraggiare i datori di lavoro. Come creare disoccupazione
Follie giudiziarie: un giorno di lavoro dà diritto al posto fisso.
Varazze, Italia, 1 luglio 2010: un lavapiatti egiziano di 32 anni firma il contratto a termine per lavorare in un ristorante. Previsto il classico periodo di prova, durata trenta giorni. Al datore di lavoro ne basta però uno solo: la sera stessa, avverte il lavapiatti che non se ne fa nulla. Non lo ritiene all’altezza. Otto ore per dirsi addio. Così pensa il titolare. Ma la storia è solo all’inizio. Il lavapiatti si prende un avvocato e fa causa. A decidere, proprio in queste ore di interminabili discussioni sulle discrasie nel mercato del lavoro, è il tribunale di Milano. Verdetto storico, come se il lavapiatti pescasse il biglietto magico del Superenalotto: il giudice impone al ristoratore di pagare 14.200 euro come risarcimento, di riassumere il lavoratore, ma soprattutto di riassumerlo a tempo indeterminato. Per sempre, anche se l’accordo tra le parti era a termine, sei mesi da luglio a dicembre. Comunque la si giri, è sentenza choc. E chissà se tra i suoi superpoteri magici SuperMario ha pure quello di spiegarsi certe sentenze, di spiegarsi un mercato del lavoro regolato da una simile giustizia. Se ne sentirebbe il bisogno, per metterci mano.
Nelle motivazioni del tribunale, si legge che «una sola giornata non è sufficiente per valutare le capacità del lavoratore». E questa, lo capisce chiunque, è una solenne verità. Ma il punto, in questo perfetto esempio di Italia alla brace, non è questo. Può darsi davvero che il datore di lavoro abbia usato in modo troppo disinvolto il periodo di prova. Può darsi davvero che il lavapiatti sia vittima di una palese ingiustizia, tanto da meritare un risarcimento. Difatti, non è il risarcimento che colpisce. Quello che davvero nessuno riuscirà mai a capire è perché il ristoratore debba riprendersi il lavapiatti a tempo indeterminato. Dopo aver firmato un accordo per sei mesi, il lavapiatti si ritrova 14mila euro e il posto fisso. Cos’è, un nuovo miracolo italiano?
Dirà qualcuno: c’è ben altro. Nella terra del ben altro, anche l’assurdo diventa sempre secondario. Con questa nostra vocazione a rimpallare qualsiasi grana, perché in giro ci sono grane peggiori, ci siamo lentamente imbucati nell’incubo dello spread, consegnandoci nelle mani degli spread-giudicati. Ma SuperMario, con la sola imposizione delle mani, non può non percepire come queste dinamiche demenziali nel mercato del lavoro siano un problema centrale.
Che un tizio parta con una causa per ottenere giustizia e si ritrovi ricoperto di fortune resta un assurdo, anche se c’è ben altro.
Non è nemmeno il caso di spiegarlo: il lavoratore a tempo determinato va protetto dalle carognate del suo titolare. Ma che un tribunale lo risarcisca con il posto fisso è francamente difficile da accettare, persino qui, dove siamo allenatissimi alla giustizia acrobatica.
Certo, c’è ben altro. Ma prima o poi bisognerà cominciare. Da anni abbiamo poche certezze realmente condivise: «non ci sono più le mezze stagioni» e «bisogna riformare il mercato del lavoro». SuperMario ha i superpoteri, ma farà meno fatica a ridarci le mezze stagioni.
sabato 12 novembre 2011
LO STRAPOTERE DELLA MAGISTRATUTA. METODO BOCCASSINI.
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DOTT. CHIRIACO. PRIMA DELLA CURA.
Dott. Carlo Antonio Chiriaco. Nato a Reggio Calabria il 18 ottobre 1950, si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Pavia. Nel 1985 ha conseguito il diploma di specializzazione post laurea in Statistica Sanitaria. Nel 1989 ha conseguito il diploma di specializzazione post laurea in Odontoiatria.
Nel luglio 2010 viene arrestato per associazione mafiosa. Intercettazioni telefoniche lo condannano a restare in carcere fino ad ieri. Viene scarcerato, dopo 16 mesi di massima sicurezza e di gogna mediatica, perchè le intercettazioni erano state manipolate dalla procura di Milano.
DOPO LA CURA.
http://laprovinciapavese.gelocal.it/cronaca/2011/01/08/news/chiriaco-e-malato-ma-resta-in-carcere-1.633490 http://www.allarmemilano-speranzamilano.it/contenuti/carlo_antonio_chiriaco http://www.ilgiornale.it/interni/le_intercettazioni_incastrano_solo_poveri/16-11-2011/articolo-id=557142-page=0-comments=1
Poichè NON SONO CRISTIANO, e perciò libero dal vincolo della carità e della bontà, auguro a tutti gli UTILI IDIOTI che sostengono la Magistratura Italiana contro ogni riforma, di vivere anche loro solo 16 giorni, non 16 mesi, l'esperienza vissuta dal collega Antonio Carlo Chiriaco.
DOTT. CHIRIACO. PRIMA DELLA CURA.
Dott. Carlo Antonio Chiriaco. Nato a Reggio Calabria il 18 ottobre 1950, si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Pavia. Nel 1985 ha conseguito il diploma di specializzazione post laurea in Statistica Sanitaria. Nel 1989 ha conseguito il diploma di specializzazione post laurea in Odontoiatria.
Nel luglio 2010 viene arrestato per associazione mafiosa. Intercettazioni telefoniche lo condannano a restare in carcere fino ad ieri. Viene scarcerato, dopo 16 mesi di massima sicurezza e di gogna mediatica, perchè le intercettazioni erano state manipolate dalla procura di Milano.
DOPO LA CURA.
http://laprovinciapavese.gelocal.it/cronaca/2011/01/08/news/chiriaco-e-malato-ma-resta-in-carcere-1.633490 http://www.allarmemilano-speranzamilano.it/contenuti/carlo_antonio_chiriaco http://www.ilgiornale.it/interni/le_intercettazioni_incastrano_solo_poveri/16-11-2011/articolo-id=557142-page=0-comments=1
Poichè NON SONO CRISTIANO, e perciò libero dal vincolo della carità e della bontà, auguro a tutti gli UTILI IDIOTI che sostengono la Magistratura Italiana contro ogni riforma, di vivere anche loro solo 16 giorni, non 16 mesi, l'esperienza vissuta dal collega Antonio Carlo Chiriaco.
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