domenica 7 luglio 2019

ANGELO GACCIONE. L'INCENDIO DI ROCCABRUNA



Angelo Gaccione, scrittore acrese, nel 1993 piombò sulla Storia di Acri (Roccabruna) in particolare, e del Meridione in generale, con questo capolavoro, che racchiude una raccolta di racconti sferzanti come la grandine inaspettata a maggio.

Racconti di misfatti e abusi di potere, di angherie di arroganti signorotti depravati, di atroci vendette, di ignoranza grassa, di fanatismi religiosi, che sembrano “per la loro estremità, per il loro affollamento o concentrazione di male, rovesciarsi dalla realtà alla irrealtà, dalla storia alla favola". Dalla prefazione di Vincenzo Consolo.
Il libro incontrò l’osteggiamento degli eredi dei signorotti, che si riconobbero in alcune storie, nonostante gli pseudonimi, e degli arricchiti parvenu che ne mutuavano ancora i laidi metodi di arbitrio e sopraffazione.
Pertanto il capolavoro di Gaccione, oltre all’alto valore letterario, si presenta ancora come una denuncia, al tribunale incorrotto e incorruttibile dell’Opinione Pubblica, delle scelleratezze di cui è capace di macchiarsi chi si nutre dell’ingordigia del potere.



UN SOGNO NERO E SPIETATO
Di Tomaso Kemeney


La narrazione cronachistica, in questo libro considerevole, si dipana per un mosaico di quindici racconti che finiscono per formare momenti memorabili, nonché tremendi, della storia di Roccabruna. La scrittura di Angelo Gaccione assume le dimensioni di una narrazione storica quando gli eventi vengono focalizzati attraverso la prospettiva di un narratore onnisciente, come avviene, per esempio, per il racconto “L’incendio di Roccabruna”, racconto che fornisce anche il titolo alla serie dei testi. Assume, invece, le condizioni di un racconto riferito quando la focalizzazione risulta esterna, come si nota in “I giustizieri” e “Il sacrilegio”.
Il narratore offre la sua voce all’autore nel caso di “Il documento rubato”, essendo il testo a lui ispirato da altri scritti, come da “Animali delinquenti (1892)”.
Il variare del punto di vista narrativo non implica variazioni della dominante “terrifica”: si evocano decapitazioni, prepotenze, fattorie incendiate, animali avvelenati, persone scorticate vive, sacrilegi di anarchici rivoltosi, faide mortali tra famiglie gentilizie, la bramosia di prìncipi, stragi di roccabrunesi, ribelli segati in due, angioini e aragonesi nello sfruttare le terre calabresi, tradimenti, delitti dettati dalla gelosia.
I roccabrunesi morivano di fame sia sotto i feudatari borbonici che sotto i contro-feudatari giacobini. La serie delle violenze perpetrate dai potenti, le vendette degli sfruttati, finisce per raffigurare un panorama terrifico. Nulla pare più impossibile che amare generosamente e comportarsi civilmente in questo circo infernale.
Dalle focalizzazioni del narratore s’irradiano raggi di pura lucidità tragica in pagine simili a un caleidoscopio fondato su interminate trasgressioni contro la dignità umana. Dalle parole di Angelo Gaccione tutto ciò che non è avvilente pare falso, vale a dire letteratura.
Questo libro evoca il vuoto morale che abita gli uomini: qui castelli e tuguri emanano lo stesso odore di pompe funebri. Pare di vedere le labbra del narratore tremare di sdegno nell’evocare la condizione umana, forse non solo a Roccabruna, in Calabria. A meno che non si interpreti, la potente evocazione di fatti storicamente avvenuti o inventati, come la trascrizione di un sogno nero, di un incubo frenetico.

Angelo Gaccione
L’incendio di Roccabruna
Di Felice Edizioni 2019
Pagg. 128 € 12,00