In data 14/01/2015 un Giudice ha dato a me sottoscritto,
assistito dal mio difensore di fiducia Avv.
Giuseppe Andrea Ferraro, l’ennesimo riconoscimento del
corretto esercizio del diritto di critica politica e,
in particolare, di aver legittimamente reagito ad un fatto ingiusto altrui.
Si tratta della quarta querela per diffamazione che, nell’arco
di un anno, il signor Trematerra Gino
e i suoi amici, hanno pensato bene di indirizzarmi, con accanimento, secondo un loro imperscrutabile piano
persecutorio.
In seguito all’ultima querela sporta
dal signor Trematerra, il Sostituto
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza - dott. Domenico Assumma,
in data 10/10/2014, osservando che la notizia di reato era infondata come
emergeva chiaramente ed “in modo
documentato dalla memoria difensiva dell’imputato” - http://www.ferrarosalvatore54.com/2014/11/calunniano-e-minacciano-e-se-rispondi.html - chiedeva al GIP di voler disporre l’archiviazione del procedimento.
Il Trematerra, che probabilmente non
ripone molta fiducia nella Giustizia, difeso dal proprio
legale di fiducia – Avv. Pierluigi
Pugliese, del Foro di Cosenza – presentava opposizione alla richiesta di archiviazione del
PM ma, in data 14/01/2015, il GIP dott.
Livio Cristofano, dopo
l’udienza camerale e dopo aver esaminato gli atti, osservava, tra l’altro, che “la richiesta
di archiviazione presentata dal PM va accolta, condividendosene le
argomentazioni addotte a sostegno e che qui devono considerarsi integralmente
trasposte…”.
Due magistrati, in uno stesso
procedimento di archiviazione, hanno condiviso integralmente la memoria
difensiva dell’indagato,
da me stesso articolata e magistralmente illustrata
al Giudice dall’Avv. Giuseppe Andrea Ferraro.
In estrema sintesi, e
in buona sostanza, cosa hanno condiviso.
Che ho esercitato il
mio legittimo diritto di cronaca, di critica e di satira politica, nei limiti
della verità e della correttezza del fatto narrato, e dell’interesse pubblico
alla sua conoscenza.
Che i tre articoli “incriminati”,
apparsi sul mio blog nel mese di gennaio 2014, facevano riferimento a fatti
riscontrabili e documentati da contestualizzarsi in una
prolungata polemica politica a distanza con il Trematerra e, quindi, non
ascrivibili ad ostilità personale nei confronti dello stesso.
Che gli stessi articoli rappresentavano
una immediata e proporzionata reazione ad un comizio del Trematerra, tenuto il
10 gennaio 2014, durante il quale lo stesso si lasciava andare in uno
sconcertante profluvio di calunnie, minacce e intimidazioni nei miei confronti.
Queste sì meritevoli di querela, clava che non ho mai inteso usare nel
confronto politico seppur aspro, mentre il Trematerra, che nel Parlamento Europeo
ha votato per la depenalizzazione del reato di diffamazione, ha continuato a brandire
come un’arma impropria.
In conclusione penso di aver dimostrato,
con i miei scritti, che per essere liberi bisogna avere coraggio. Il coraggio
di dire la verità, di dire quello che quasi tutti pensano e pochi dicono
sottovoce, di reagire
proporzionatamente a fatti ingiusti altrui di fronte a persone che pretendono,
invece, il silenzio.
Il silenzio, era il titolo di uno dei
miei articoli, è mafia. Con ciò intendevo dire, come ho spiegato
nella mia memoria difensiva, che ritengo la mafia non solo una organizzazione
criminale ma anche una mentalità, un costume, un modello sub-culturale di
visione dei rapporti umani.
Spero che il mio avversario/nemico (per
sua decisione) capisca una buona volta quanto sia necessaria e utile la libertà
di espressione nel confronto dialettico. Per aiutarlo, gli farò recapitare un libro scritto da Raoul Vaneigem, uno dei più grandi
libertari europei del secolo scorso, a lui sconosciuto: “Niente è sacro, tutto si può dire”. Non vi è un uso buono o cattivo
della libertà di espressione – dice Vaneigem – ma solo un uso insufficiente.
Bisognerebbe parlare e scrivere più compiutamente. L’omissione, l’omertà anche
relativa è nemica della libertà.
Salvatore Ferraro
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