domenica 6 ottobre 2013


Acri, la città, l’urbanistica, l’architettura e il paesaggio: una visione di futuro necessaria per costruire un modello di crescita intelligente

Prof. Pino Scaglione


La campagna elettorale ad Acri, centro un tempo florido della Presila, è terminata da tempo. C’è una giunta, che chissà se sarà in grado di interpretare le reali esigenze di cambiamento che Acri, come una intera nazione attendono. In un momento così difficile, è del tutto normale che nei programmi dei partiti, a dominare la scena siano, prima e dopo le elezioni, ancora una volta e soprattutto, i temi delle sole emergenze economiche e dunque della produzione, del lavoro, dell’occupazione. Ma i problemi, nazionali e locali, inclusi quelli di un centro come Acri, riguardano anche un possibile nuovo modo di intendere il futuro delle economie locali, soprattutto riflettendo sul fatto che occorre ripensare tutte le attività, e in particolare, tutte le relazioni tra uomo e ambiente.
In un programma di governo, e nelle dichiarazioni di intenti che lo accompagnerebbero, sarebbe dunque fondamentale far ritrovare al cittadino, in questa occasione all’acrese, parole come economia e crescita sostenibili, attenzione al territorio, nuovo forme di vivere e abitare città e centri urbani, di valorizzare il paesaggio, di rispetto dell’ambiente, di produrre più architettura e qualità dello spazio pubblico e del costruito, e sempre meno edilizia povera di contenuti e di tecnologie avanzate.
Parole come queste, oltre a fare ritrovare ad una comunità locale – potrei dire qualsiasi in Italia- il senso perduto di appartenere ad una nazione che ha fondato sulla bellezza, sulla natura, sui beni artistici la sua attrazione internazionale, porterebbero Acri fuori dalle secche di un dibattito spesso sterile, e inutilmente bloccato su temi vecchi, mai risolti, e che attendono altri sbocchi, altri esiti in direzione di percorsi nuovi, centrati sulla qualità, sulla riduzione di sprechi, sul ritrovare l’appartenenza ai valori e potenzialità economiche che proprio una grande risorsa come il paesaggio naturale racchiude. Ciò soprattutto in un contesto come quello calabrese, dove la parola crescita è stata interpretata spesso proprio come devastazione -di bellezze naturali, di coste, di montagne, persino di siti archeologici- piuttosto che di attenzione.
Acri è uno dei centri che negli anni ha subito una profonda trasformazione, senza che ciò abbia prodotto benessere, al contrario tutto è servito a snaturare una antica identità, ricca di storie umane, di società coesa, di cultura contadina, di rapporto armonico tra l’uomo e la terra. Il suo paesaggio naturale, i boschi, le aree agricole, le valli, tutte più meno peculiari e particolari, un tempo, hanno subito modificazioni irreversibili disperdendo quelle potenzialità economiche che racchiudevano (di memoria, cultura, storia, risorse della terra, risorse simboliche). Tutto si è smarrito e disperso con questa profonda trasformazione/alterazione.
E malgrado Acri sia stato uno dei centri che ha provato a porre attenzione alle politiche urbanistiche, nei fatti è da sempre mancata soprattutto una consapevolezza civile, da parte di amministratori e soprattutto cittadini, che la natura, il territorio, il suolo non sono infiniti e si consumano alla stessa maniera di altre risorse. È mancata una cultura del rispetto di quanto di prezioso il paesaggio avesse nelle sue pieghe e di quanto fosse facile distruggerlo pensando di contribuire allo sviluppo.
La storia urbanistica di Acri -e della maggioranza dei centri italiani- degli ultimi dieci anni è pertanto segnata da esperienze negative -pur con tentativi svariati di avere Piani Regolatori per provare a gestire la crescita urbana- e lo sviluppo territoriale -piuttosto che solo edilizio- è rimasto sempre un obiettivo mancato. Alla fine ha prevalso la logica delle diverse emergenze, come quella di soddisfare il bene primario della casa con la logica di costruire un piano per ogni figlio, la casa come riscatto sociale e affermazione economica, l’edilizia come volano di sviluppo, ma distorto, e le strade come miraggio dello sviluppo. Questo modello ha mostrato e mostra oggi, il fiato corto. Quanto si è costruito è di scarsa qualità edilizia e urbana, è precario e insostenibile, disordinato e caotico, e la crisi sta dimostrando ancora di più la provvisorietà di questo tipo di tessuti urbani. Inoltre il surplus delle case vuote aumenta di giorno in giorno in giorno. I giovani scappano (da tempo se è per questo) altrove. Le case dei padri con i piani preparati per i figli, sono tristemente chiuse e silenziose. Simulacri di modernizzazione, lacerti di sogni da famiglie del sud numerose, e mai ricomposte.
Un programma amminitrativo, ambiziosamente necessario come quello che andrebbe offerto ai cittadini in questi prossimi mesi e anni, deve contemplare più cose per il rilancio urbanistico, e soprattutto per recuperare i valori perduti di un territorio sfinito dalle troppe case e strade ovunque, senza che ciò abbia prodotto vero sviluppo, se non di chilometri di asfalto e di milioni di metri cubi di cemento.
Uno dei primi percorsi da avviare, di conseguenza, e anche come volano di riattivazione del circuito produttivo dell’edilizia, è quello della rigenerazione urbana, di quanto mal costruito -e insisto fino alla noia- è l’opportunità immediata per ridare senso a quei luoghi e paesaggi che l’hanno smarrito, ai centri urbani delle frazioni e del capoluogo, utile anche per ridare fiato alle imprese e spazio ai giovani progettisti.
I rifiuti e le discariche, i fiumi cementati, le case e i centri sovradimensionati, gli spazi della vita pubblica, le piazze, le strade, un equilibrato rapporto tra la tradizione appenninica e mediterranea e il contemporaneo, tra produzione agricola e industriale, sono alcuni dei temi che con coraggio e lungimiranza, sono al centro del nuovo percorso di pianificazione che dovrà essere centrato sul nuovo Piano Strutturale Comunale.
Acri deve avviare un percorso del tutto nuovo nell’urbanistica e governo dello sviluppo del suo territorio. Deve farlo con grande urgenza e se lo fa con un percorso di qualità, può diventare un Laboratorio di strategie e progetti permanente, attraverso il quale l’amministrazione intende incontrare interlocutori, cittadini, progettisti, università e far lievitare il dibattito sulla qualità e sulle scelte future condivise, costruendo progetti dal basso e utili al decollo economico-armonico, centrato su risorse locali con un respiro nazionale, europeo.
Acri deve pensare alla nuova stagione del Piano Strutturale in Calabria ed esserne protagonista, sia per il ruolo importante che riveste nel contesto della PreSila, sia per la vastità del suo territorio che racchiude ancora alcune buone potenzialità di sviluppo. Acri deve credere che il paesaggio è la vera grande risorsa del futuro e dunque iniziare una azione di tutela e valorizzazione al contempo. Il nuovo Piano Strutturale Comunale che Acri, come molti altri centri della Calabria, sarà obbligato a redigere nel rispetto della legge Urbanistica regionale, dovrà contenere piccoli embrioni di rivoluzione e grandi segni di cambiamento:
- la qualità contro la quantità, costruire poco e meglio, in maniera più salubre, più sostenibile e attenta al risparmio energetico;
- recuperare la parte di memoria storica dei centri originari, ma non come musei vuoti, bensì come luoghi vitali;
- attuare una seria politica di riorganizzazione di tutto lo spazio pubblico e fare un programma di piazze nuove, semplici, economiche ma in grado di cambiare la qualità di spazi oggi anonimi;
- per fare alcune di queste operazioni sarà necessario ricorrere a concorsi di idee, come sistema per effettuare la soluzione migliore tra tante;
- Il nuovo Piano serve anche a ripensare un nuovo modello Ecologico, basato sul riequilibrio tra quanto alterato e quanto da recuperare e valorizzare, tra i danni fatti ai sistemi naturali e i possibili rimedi;
- Occorre che il nuovo Piano abbia la capacità di riordinare e rilanciare l’Agricoltura, sia come volano di produzioni a km0 e di qualità, che come opportunità per ridefinireff un nuovo paesaggio agrario fatto di nuove colture e di quelle esistenti.
Infine due temi che non hanno mai toccato seriamente nessuna delle compagini regionali e nazionali:
- il secondo tema riguarda quella che da sempre é una grande potenzialità del paesaggio acrese: il turismo naturalistico ed enogastronomico, quello della tradizione e della qualità dell’aria, la vicinanza al mare e alla montagna. Per fare questo non basta solo buona volontà e un po di avventurismo. Per fare questo ci vogliono progetti e previsioni di piano che sappiano intercettare finanziamenti, preparare imprenditori del turismo veri e avere una qualità diffusa dell’ospitalità, dal più stupido degli edifici alla più semplice della piazza.
In ultimo, il nuovo Piano Strutturale finalmente potrà occuparsi di definire cosa sarà Acri nei prossimi venti anni e su questo, con una intelligente strategia, il nuovo sindaco dovrà attivare il grande laboratorio di idee e condivisione cui chiamare a far partecipare tutti i cittadini acresi, perché ognuno può e deve costruire la propria idea di città guidata da progetti sensibili. Sarà questo il modo per creare un coscienza di base del bene comune urbano e una nuova cultura del modo di costruire, finita l’epoca delle emergenze e della precarietà.
Se la nuova amministrazione di Acri, saprà essere operosa come intende, se da subito si potrà adottare un modello del “pianificar facendo”, che vuol dire che mentre si lavora al Piano Strutturale però si fanno piccoli interventi, ma significativi che cambiano il volto del centro urbano e non solo. In questa direzione Acri avrà piani urbanistici non più inutili cumuli di carte che languono in cassetti, ma pochi e utili progetti dentro una strategia di lungo respiro.
Tutte cose che sono mancate alla cultura urbana e del paesaggio degli anni trascorsi e che con urgenza devono trovare spazio nella pratica amministrativa quotidiana e nei programmi di sviluppo e di possibili nuove e coraggiose compagini politiche. Del resto siamo anche un pò stanchi di gestioni nazionali opache, piatte, serve invece una certa freschezza e novità, una buona dose di creatività e provare a prefigurare un futuro locale più ricco di idee ed economia sana, di qualità e bellezza contro il degrado fisico e sociale, opponendosi anche al declino della Calabria e quello nazionale.

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