IL
DISSESTO E IL PIANO DI RIENTRO… BOCCIATO.
Nei tre anni che mi hanno visto far parte dell’Amministrazione
Tenuta, fin dai primi giorni, mi è capitato di ripetere, monotonamente, forse
con presunzione, ma sempre inascoltato o non inteso, la frase del vecchio di
Trilussa: “Più che dir la verità da solo,
preferisco sbagliarmi in compagnia”.
Un po’ perché pensavo che la minoranza (praticamente
solo il sottoscritto) dovesse sempre adeguarsi alla maggioranza, un po’ perché
c’era quello che sembrava un progetto
alto e nuovo da realizzare, dietro al quale ancora oggi si nascondono tutti
quei consiglieri disposti a coprirsi di ridicolo pur di non mollare lo sgabello.
Appena insediati ci siamo ritrovati davanti al diktat
della Corte dei Conti che imponeva
il dissesto, e di fronte a tutti gli scienziati economisti che dicevano che
dovevamo opporci al dissesto con un piano di rientro, solitario come il passero
di Leopardi, sollevai le mie obiezioni più che altro per ragioni politiche:
opporsi al dissesto imposto dalla Corte dei Conti, significava scaricare il
grosso delle responsabilità dalle spalle di chi l’aveva follemente creato, con il rischio di farsene
carico, soprattutto nella malaugurata ipotesi che il ricorso non
venisse accettato, facendo così poi ritrovare il
sindaco Tenuta con il cerino acceso in mano.
E in ogni caso ritenevo che un piano di rientro
lacrime e sangue avrebbe fatto più danni che una dichiarazione di dissesto, per
una serie di motivi che non starò qui a elencare.
Bisognava, a mio avviso, lasciare la responsabilità morale,
politica e penale del disastro al sindaco Trematerra che, solo nel 2011
(anno a cui si riferiscono i controlli effettuati dalla Corte che sortirono l’imposizione
del dissesto), aveva creato la quasi totalità degli 8 milioni e passa di debiti
fuori bilancio (grave reato amministrativo).
Mi permisi anche di manifestare la mia contrarietà alla liquidazione, che sembrava opportunistica e clientelare, dei debiti fuori
bilancio che fu approvata in Consiglio Comunale senza voti contrari.
Scrivevo in uno dei tanti articoli in cui esprimevo
il mio singolare e modesto punto di vista, che il gigantesco danno economico e
finanziario contro l’Ente l’avrebbe dovuto pagare il sindaco Trematerra e tutti
i Responsabili di Settore che, prestandosi alle pressioni della parte politica,
in spregio alla legge Bassanini, obbedivano supinamente alle imposizioni sconsiderate
della maggioranza, anche a quelle pressioni che portarono il Comune di Acri
alla ribalta per infiltrazioni mafiose (Inchiesta Acherunzia).
In un articolo concludevo “chi ha sbagliato dovrebbe pagare
e non i cittadini incolpevoli, che stanno mostrando già troppo senso della
misura e della tolleranza, perché se fossimo nel luogo del vostro medioevo
mentale e culturale, verrebbero all’assalto delle vostre sontuose ville con i
forconi”.
Ma purtroppo la confisca dei beni, per pagare il
danno erariale commesso dai politici, in Italia forse non sarà mai realtà.
E’ inutile ricordare che l’articolo
scatenò l’attacco dei trematerrestri contro il sottoscritto con minacce,
calunnie e raffiche di querele andate a vuoto.
Ma torniamo al dissesto e al piano di rientro che il sindaco Tenuta, per mancanza di
coraggio o per coda di paglia, volle a tutti i costi perseguire, con una
tassazione vessatoria a carico dei cittadini, assumendo sulle proprie spalle
dritte la responsabilità e sollevando in parte o facendo dimenticare alla
cittadinanza le gravi colpe del suo ex socio dissestatore.
La preparazione del piano di riequilibrio, per
scongiurare il dissesto, è costata più di due anni di preparazione e
elaborazione da parte di luminari di diritto contabile e un dispendio notevole
di risorse.
Oggi, martedì 20 settembre, resterà una data funesta per il sindaco Tenuta. Avrà avvertito una scarica
di extrasistoli quando gli avranno comunicato il responso della Corte dei
Conti. Due anni persi per quello che adesso si appaleserà come un enorme
imbroglio ai danni dell’intera città.
La
Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Calabria, con
Deliberazione n° 65/2016, ha deliberato di non approvare il piano di
riequilibrio finanziario pluriennale del Comune di Acri (CS) avendo valutato lo
stesso non congruo ai fini del riequilibrio finanziario dell’Ente.
Ecco Signor Sindaco, adesso non vogliamo sapere cosa
farai con quel cerino acceso in mano.
Segue copia deliberazione Corte dei Conti, per
brevità direttamente dalle conclusioni.
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