SUL DIRITTO ALLA SALUTE E ALLA TUTELA DEL PARTO DELLE DONNE ACRESI
Mi pregio di pubblicare per la prima volta un illuminante articolo della professoressa Angela Maria Spina, nostra concittadina impegnata da sempre nella difesa dei diritti delle donne.
Ogni donna acrese dovrebbe leggerlo e diffonderlo perchè la corretta informazione permette prima di tutto di avere consapevolezza dei propri diritti.
E’ NATO UN ACRITANO DI ACRI
di ANGELA MARIA SPINA
Acri, 01.07. 2017
Acri esulta, non solo perché ha un nuovo sindaco, una giunta esecutiva e una
rappresentanza politica in pieno vigore, ma anche perché c’è aria di avvento, carico di attese,
aspettative e banchi di prova, per quello che si spera possa essere un
auspicabile nuovo corso storico nella terra dei briganti, che in questo giorno,
nasce metaforicamente alla vita, anche nella notte in cui il piccolo Nicola, viene alla luce in modo rocambolesco, per pura virtù
sua e della propria volenterosa madre.
Ma Acri alle sue nascite - si sa -
non resta mai insensibile, e giù con
foto, confetti, fiocchi, cicogne e sorrisi, per mero campanilismo a buon
mercato, tutti ad esultare “è nato
un acritano di acri” non
già per offrire tripudi ed allori a medici e paramedici, che
pur di calcare le scene e i prosceni del teatrino ospedaliero, svendono ed offendono al tempo stesso, nello scatto di un reportage fotografico, il diritto alla salute delle donne della locale cittadina, scambiando il frastuono della gioia per il lieto evento,
con quello più rude e spigoloso del diritto alla
salute.
Siamo già al terzo lieto evento con fiocco azzurro, che tanto fa
gongolare i sanitari del locale pronto soccorso e del servizio del 118. Ma
anziché far indignare e sollevare essi stessi, insieme ai
malcapitati cittadini tutti uniti, per la
vergogna di dover vedere nascere ancora nell’anno domini
2017 i nostri figli e pro nipoti, sullo lettino di un pronto soccorso, in
assoluta mancanza e carenza di personale specialistico o adeguata assistenza, da quando il presidio ospedaliero “Beato Angelo” di Acri è stato
pesantemente dimensionato e contratto; a danno e per demerito di una intera comunità allo spasimo; si pensa invece a gongolarsi per un lieto
evento, pur nobile ed importante per una comunità che
ormai ha già abbondantemente dimensionato anche
le sue nascite.
Per certi versi è sorprendente per il locale sistema sanitario, nella tendenza
degli ultimi anni a voler ritornare all’incudine del passato, che
si ispiri ed inviti cioè "alle
cose naturali” ivi compreso il parto, che possa
essere ampiamente sostenuto e sponsorizzato come panacea all’emergenza sanitaria in corso.
Però mi
scandalizza come donna, madre e cittadina di questo sciagurato paese, tanto da
ispirarmi al tema “ah
come si viveva bene una volta quando si stava peggio“ almeno si riusciva a partorire con un margine di sicurezza, che oggi è
negato impunemente a tutte le donne fertili in età
da parto (e sono tante) da orde di politici demolitori, che
invece dovrebbero assicurare e tutelare i sacrosanti diritti anche delle
donne-madri di questo territorio periferico ed isolato.
Certo ritengo sorprendente l’immorale vergogna resa virtù, tutta racchiusa in una foto
ricordo - che è semplicemente il risultato della
disillusione- di una donna come me che, si scopre a vivere in un sol colpo un’epoca oscurantista e per nulla
audace come quella attuale, che invece
di invitare a battersi per difendere il diritto alla salute, promulga, accetta e non sa di subire in pieno, le offese e
le provocazioni, di quanti svergognati, si allineano tutti in bella mostra,
nutriti e verosimilmente sani, per aver fatto poi cosa? Non si comprende bene,
datosi che in una nascita ogni merito
appartiene alla neo-mamma a lei sola e in
fin dei conti ad ella ed al proprio bambino.
Ed io incontentabile di natura,
che certo non mi accontento di stare come stiamo, so fin troppo bene che magari basta una pillola per
uccidere il batterio della polmonite, così come
non cerco di dare mai per scontato che se ci tolgono un dente, una puntura di
anestetico è sempre meglio del vecchio caro
alcol in un fazzoletto che insieme ad un buon litro di cognac fungeva da
anestetico tra i denti.
Perché io sono donna, madre e cittadina, ecco perché m’indigno,
e chiedo altro; e l’altro, si sa, non si può solo vagheggiarlo, né tanto
meno inventarselo; ma è affermazione di una conquista che
da donna a donna, magari conduce alla resa dei conti, per dimenare in faccia a
quanti si propongono in bella mostra e si organizzano, per apparecchiare i
tavoli dell’altrui
successo, a proprio torna conto, per millantare le altrui prodezze ostetriche,
offerte come prestazioni nel locale pronto soccorso.
Vergogna, Vergogna, Vergogna, per
la folta schiera di "amanti del naturale" e del "ritorno al
passato" cioè di quella parte di cittadinanza
poco curante che dice e pensa così, facendo torto alle donne di Acri, alle quali implicitamente propone: “signore siate
le benvenute a partorire sul lettino del pronto soccorso Beato Angelo” che da santo certo s’indignerà almeno lui, per aver lasciato latitare gli acritani, alla
rude considerazione che mi appresterò di
qui a poco, a svolgere.
Del resto in un passato, non
troppo lontano ma sempre vivo, si moriva come le mosche per mancate cure
sanitarie e si considerava l'ultimo respiro, come l'unica fine al dolore ed
alle sofferenze. Dunque per cosa ci si dovrebbe lamentare oggigiorno? Perché non ripetere allora che un antibiotico è del tutto "naturale" com'è "naturale" il fiore di un campo, se la “banalità” del
partorire viene ancora considerata tale,
tanto da continuare ad essere sentita come
un fatto “troppo naturale” da
diventare un atto pretestuoso, per invitar le donne acritane all’insano balzo
ed al ritorno al passato, che non
considera ad esempio più lesa l’affermazione delle future mamme
senza il diritto al parto sicuro, ovvero, alla
certezza di poter godere di tutta l’assistenza possibile in ambiente protetto e rassicurante, affinché
questo momento tanto cruciale, fosse vissuto nel modo
migliore possibile, abbattendo cioè al
minimo i rischi per la salute sia della partoriente che del nascituro.
In troppi infatti ignorano che il sistema sanitario nazionale deve prendersi carico della
responsabilità di
seguire e sostenere la gestante durante tutte le fasi che precedono e seguono il parto, ivi compresa la
gravidanza e possibilmente anche l’allattamento incluso, sia dal punto di vista strettamente
medico che da quello psicologico e clinico.
Dunque sono arrivata al punto: La violenza sulle donne, è
anche quella di imporre a tutte noi donne un tipo di parto
non sicuro, né protetto, che non prevede più come
facevano le nostre nonne, che almeno sceglievano di partorire a casa - e che
anche se morivano a frotte per complicanze da parto, riuscivano tutto sommato
ad organizzare un margine di sicurezza e protezione a lunga gittata nel proprio
letto, senza pretese alcune di emancipazione né di
progresso.
Dunque perché mai
per le donne di Acri, ad oggi non è dato
più mai
di considerare il parto come diritto e atto di giustizia, di scelta e di libertà?
Perché mai più la
possibilità di poter partorire a casa,
piuttosto che in sala parto, anziché in un
freddo pronto soccorso, che dovrebbe essere considerato il posto migliore, per
agognare di poter ritornare a partorire in sicurezza e riservatezza, piuttosto
che come invece nei paesi poveri, dove vi è una
mortalità materna e neonatale che rasenta la strage.
Da noi a queste latitudini, per
scongiurare complicanze e rischi fin troppo evidenti, non è dato neanche di riconsiderare nemmeno la debita
possibilità che il sistema sanitario possa
Riorganizzare per il territorio - che non è suddito
né secondo a nessuno - i propri servizi connessi alla
ginecologia, dopo lo squartamento del locale
presidio cittadino, che ha fatto della locale sanità
“carne di
porco” per usare un eufemismo caro agli
acritani.
Abbiamo impiegato sforzi enormi e
battaglie epiche, per inventare antibiotici,
anestetici e per dotare il territorio di un
nosocomio efficiente ed efficace ai bisogni del territorio, per scoprire che siamo stati tutti turlupinati, da quanti
ci hanno catapultati all’indietro
del nuovo medioevo delle melasse sanitarie. Magari è solo un problema di cattiva comunicazione, perché a scrivere e saper dare bene le notizie - soprattutto
quelle importanti sul dimensionamento sanitario- non basta mai, solo il volersi
esprimere appellandosi ai dati; ma anche soprattutto a voler evitare falsi
proclami da reality show e se possibile con drammatica austera serietà, invitarci tutti ad accomodarci
altrove,possibilmente fuori da questo territorio, poiché sopraggiunti i ladri che hanno bene imposto, non più la salute e la sanità per
tutti, specie per le donne categorie da sempre più esposte
a rischio, è stato piuttosto imposto loro il
rischio ed il calcolo probabilistico del: "che non accada mai il peggio
sin che sarà possibile".
Il primo compito del medico è
proprio informare bene, correttamente, ed onestamente,
aggiungo. Con chi si affida alla medicina, è bene essere chiari, bisogna
dire le cose come stanno ma senza mezze parole o scorciatoie e soprattutto
senza pubblicità faziosa
e tendenziosa, proprio perché ne va
della salute della gente.
Ma solo in pochi conoscono la
deontologia delle professioni, ed in una
orgia di protagonismi, in barba al
caro Ippocrate, in troppi danno il ben servito
alla salute della città di
Acri. In ostetricia alcune complicanze
possono essere prevedibili ed hanno dei fattori di rischio, che aumentano
vertiginosamente le probabilità. Penso perciò a
tutta quella serie di complicanze, anche molto gravi,
che sono caratterizzate da assoluta imprevedibilità - come tante cose in medicina - e
queste sono quasi tutte legate all’evento naturale proprio del parto, non quindi solo della
gravidanza che precede la nascita del bambino. Solo nel passato poteva concepirsi che la gravidanza ed il
parto fossero considerati come eventi rischiosi, ricchi di complicazioni e con
una mortalità altissima.
Oggi NO, pardon mi correggo almeno oggi
non più,perlomeno per le donne acresi.
Per noi altre sciagurate, non è più così, la mortalità materna
e neonatale, torna a marcare il passo tra centro e periferia, riducendosi per
chi può permetterselo, mentre per le altre no, resta sempre
drammaticamente molto alta, basti pensare alle infezioni contratte o alle
emorragie post partum, che restano eventi improvvisi e drammatici, non sempre
prevedibili e sì risolvibili; vi sono poi le
complicanze a cui vanno incontro i neonati dopo la nascita, per forza di cose
risolvibili solo in un ambienti attrezzati, libere da carenze strutturali e di
organico.
Siamo dunque destinate donne
Acritane, a dover invocare invano, il sacro diritto ad un’ostetrica ed
un ginecologo al nostro fianco, essenziale per ogni futura mamma, durante il
parto come concessione e frontiera delle nostre stesse incerte conquiste. Perché è un
diritto ancora fondamentale della donna dei paesi civilizzati, avere al proprio
fianco una persona professionalmente capace, sia pure oltre la sola
medicalizzazione.
Tutte le giovani donne Acritane
incinte, insieme dovrebbero per prime promuovere e chiedere per sé, la loro
libertà di
scelta e di autodeterminazione anche al momento del parto, come donne e come
cittadine, per poter ad esempio scegliere
in libertà, un
modello specifico di parto vaginale piuttosto che cesareo; naturale piuttosto
che con anestesia epidurale e quant’altro; per poter continuare così ad affermare il proprio diritto come donne, di scegliere
come e dove partorire.
In altri termini, bisogna riconoscere che la violenza sulle donne può
avvenire anche al momento del parto, privandoci di fatto di
non poter scegliere, del diritto di ognuna a compiere una scelta consapevole,
qualunque essa sia. Ecco perché considero, la negazione del diritto di scelta delle donne
acritane al parto, come donna, madre e cittadina, una violenza sulle donne alle
donne, che come tale deve essere combattuta in primo luogo soprattutto dalle
sanitarie donne, oltre che da ogni cittadino. Così come deve essere perseguita, la pratica degli interventi
medici non necessari e non acconsentiti, che costituisce un abuso e un’intollerabile negazione dei
diritti della persona” anche la salvaguardia del diritto
al parto ad Acri, dovrebbe essere fatta salva, poiché il diritto di scelta deve essere sempre salvaguardato a
prescindere dal contenuto della scelta stessa, che è un valore assoluto in sè.
Le donne sanno rivelarsi
coraggiose, specie quando denunciano gli abusi subiti al momento del parto,
ecco perché invito tutte le donne di Acri
partorienti e non, in quanto donne, a battersi e ribellarsi per il
riconoscimento del diritto di scegliere dove e come partorire e segnare un
punto di svolta, per le stesse sorti del sistema sanitario locale.
Là
dove sono impotenti i politici saranno potenti le acritane
unite. Incontrarsi perciò per creare un
movimento che sia funzionale alla diffusione della cultura dei diritti umani
delle donne al momento parto, ma
che sappia diventare funzionale anche alle denunce ed alle azioni concrete
verso l’intero presidio ospedaliero della
città di Acri, sarebbe un bel gesto di civiltà e coraggio, per promuovere la riscoperta, delle capacità di partorire, che se pure innata e preesistente a ogni
protocollo, è
funzionale come già detto, al diritto di diffondere la
cultura della libera scelta e del consenso consapevole ed informato al momento
del parto.
Ogni donna consapevole delle proprie risorse, infatti è più capace di interagire finanche con
il personale medico e ostetrico, e diventa
così in
grado di mantenere un ruolo attivo anche durante il parto. Una donna che ritrova fiducia nella propria capacità di partorire può meglio
superare la paura del parto, accogliere l’intima esperienza del dolore e naturalmente, abbattere l’immagine stereotipata del parto
come sofferenza fine a sé stessa, che è immagine che ha dato alla cultura della medicalizzazione il
terreno fertile sul quale far attecchire e sovente continuare a fare
sciacallaggio a buon mercato.
Le donne Tutte devono poter
partorire in sicurezza; le donne
stesse dovrebbero essere assistite per partorire, da medici e paramedici
potendo contare anche su supporti psicologici e di assistenza legale, per
rispondere alle esigenze di salvaguardia della donna e del nascituro.
Esigenze reali, dichiarate e
documentate, rendono per Acri tutto questo di fatto impossibile, imponendo un “esclusivo” modello di parto quello cioè in urgenza, come un unico modo di
affrontare l’esperienza
del parto come personale e opinabile, cioè come
un più “banale” modo di viverlo. Solleviamoci dunque da questa ignobile frustrazione offensiva e discriminante contro un tipo di violenza sulle donne, subdola ed
incontrovertibile.
Dunque tante madri acritane, per
numerosi parti in sicurezza, utili tutti,
per richiamare l’attenzione
dell’intero borgo, sullo stato di
diritto e la sicurezza, che si dovrebbe garantire alle partorienti e alle
puerpere di questo nostra cittadina. Tante più madri
per un personale in servizio nei reparti interessati e per l’intero ospedale, più organico e personale in servizio, da prevedere nei singoli
reparti per garantire efficienza, la strumentazione dei servizi, degli
ambulatori ginecologici e non, dell’intero nosocomio e di ogni singolo dettaglio sanitario,
sulla necessità di fare un bilancio sull’esistente già ridotto al lumicino, ed anche sulla adeguatezza del
personale sanitario in forza ed Acri a seguito dei pesanti e considerevoli
tagli e spostamenti, che minano e sfidano sistematicamente la sicurezza dei
pazienti di Acri.
Maggiore omogeneità nelle politiche sanitarie della locale struttura
ospedaliera, per quanto riguarda il percorso nascita, l’assistenza al parto e le misure di
controllo del dolore durante il travaglio. Ridefinizione del ruolo del locale
consultorio e dell’attività ospedaliera con dotazione organica, in cui possa essere
garantito, il “percorso
nascite” e l’assistenza
alla gravida durante tutto il periodo della gravidanza fino all’espletamento del parto con la
disponibilità h24 di personale dedicato, che può anche avvenire certo anche in regime di urgenza, ma
contempla sempre e comunque l’organizzazione di mezzi, uomini e ausili, utili all’espletamento dell’evento parto in sicurezza, con
particolare attenzione alla “umanizzazione” dell’intero percorso, per l’assistenza in loco.
In definitiva si tratta di
recuperare pezzi di efficienza e capacità per
dare risposte agli enormi bisogni sanitari del territorio acrese, che ci sono
stati impunemente scippati per mettere in sicurezza il percorso nascita e
soprattutto per la presa in carico della donna gravida fino al momento della
nascita, con se possibile, ulteriori e importanti investimenti così come avviene in altre realtà, per tutto un ospedale che serve ed è presidio per un intero territorio svantaggiato e penalizzato
pesantemente.
Acri lo desidera, le donne di Acri
lo meritano.
ANGELA MARIA SPINA
Ho letto molto volentieri l'ottimo articolo di Angela Maria Spina segnalatomi dall'amico Filippo Gallipoli. Sul lieto evento avevo intravisto su Acri in rete una nota giustamente trionfalistica (e di gioia).Non ci si dovrebbe stupire che un acrese nasca ad Acri, ma vista la situazione ci si deve stupire anche di questo. Lo scorso anno avevo segnalato che oramai gli acresi portano sulla loro carta di identità luoghi come Cosenza, Rossano, Castrovillari, ecc., ma non la loro città, perché a partorire le donne di Acri sono costrette ad andare altrove e con le strade che ben conosciamo.
ReplyDeleteMolto buono l'articolo soprattutto perché invita le donne ad auto-organizzarsi dal basso e a non delegare a nessuno la propria salute ed il proprio destino. Finché deleghiamo agli altri, finché non ci interessiamo direttamente, nulla si otterrà di buono, ed i vecchi meccanismi di vassallaggio non si interromperanno.
Tuttavia questo stato di cose non si è creato da sé, ci sono precise responsabilità e precisi responsabili. Gli ospedali sono amministrati da direttori, da sanitari, e da politici. Dentro ci vivono medici, infermieri, inservienti e maestranze fra le più varie. C'è chi è tenuto a vigilare sul buon andamento e sulla pulizia, sull'efficienza e sul decoro, sul bilancio e l'uso del denaro necessario al suo rigoroso funzionamento, sulla qualità del servizio e le capacità del personale. Ecco, mi piacerebbe che i nomi di tutti questi responsabili comparissero in un prossimo scritto di Angela Maria Spina, magari con una serie di servizi da vera e propria inchiesta, così la pubblica opinione saprà da chi il Paese è stato portato all'attuale stato di cose. Quando ci provai io, un secolo fa, su un giornalino del luogo chiamato "Confronto", realizzando una corposa intervista con l'allora direttore sanitario: si chiamava Longo, il direttore e proprietario di quel giornale si affrettò a scrivere su quella stessa pagina che quanto riportato non impegnava la direzione del giornale, ma solo Angelo Gaccione. Era evidente che non avrei potuto continuare quella collaborazione. I tempi sono mutati (in peggio), ma per fortuna abbiamo più mezzi per esprimerci e persone che sanno scrivere molto bene: bisogna mettere a frutto queste due qualità, e su temi così capitali.
Angelo Gaccione
latoestremo@gmail.com
Applausi a volontà Angelo! Se la Prof.ssa Spina coglierà il Tuo invito, altri dovrebbero preoccuparsi di fare una massiccia campagna di sensibilizzazione affinché i cittadini traducano il loro abitare il territorio in qualcosa di più... E cioè Viverlo. Saluti, giacinto le pera PS: la pubblica opinione sa benissimo chi ha portato il Paese all'attuale stato.
DeleteCome mia replica rimando al seguente link
Deletehttps://libertariam.blogspot.com/2017/07/yes-we-acri.html?m=1