domenica 9 marzo 2014

ASINI IN CATTEDRA.



UN MINUTO DI SILENZIO PER LA GRAMMATICA ITALIANA CHE OGNI GIORNO MUORE.



Egregio Gianluca Garotto, mi sia concesso, una volta tanto, di replicare agli articoli, che ospiti quasi quotidianamente su Acrinrete, del cronista tuttologo dell’Ora della Calabria Roberto Saporito il quale conduce, per delega ricevuta ma forse scaduta, la sua guerra intrepida, come un Hiroo Onada nella giungla, contro l’Amministrazione comunale ed alcuni assessori in particolare.
Le emergenze che incombono sul nostro territorio ci occupano e preoccupano giorno e notte, e ci danno raramente il tempo di comunicare alla cittadinanza il nostro operato, figurarsi poi di replicare a questo detrattore che chiude ogni suo pezzo con la solita tiritera che capovolge la realtà: gli assessori lo insultano, lo imbavagliano, lo odiano...

Colgo l’occasione di un fastidioso raffreddore che mi costringe a casa, oggi domenica 9 marzo, per mettermi i guanti e difendermi da questa mosca cocchiera.
Una sola volta mi è capitato, spazientito dal suo sotterraneo passaparola diffamatorio, di definirlo meritatamente lustrascarpe ed ho spiegato anche il perché ai 20 lettori del mio blog, ma lui imperterrito insiste nel suo florilegio di contumelie ed insulti.

Continui pure, non sarà querelato. Anche perchè siamo in buona compagnia. Infatti parallelamente alla battaglia forsennata che conduce contro la  nostra Amministrazione, tiene aperto, da sempre, un altro fronte in una sua personalissima guerra alla grammatica italiana, che flagella senza ritegno.
Asino in cattedra,  nemico giurato del congiuntivo (sebbene fin’ora (figurarsi poi pretendere che sappia cosa sia un apocope) non hanno mai ricoperto) o (sebbene la loro estrazione politica è diversa.), vuole poi accreditarsi come martire (http://www.acrinrete.info/News.asp?id=6883) dando del meschino all’Assessore alla Cultura, che si sarebbe comportata con lui come il senatore Gentile nei confronti del direttore del suo giornale. Boom!

Lasciamo perdere questo suo pallino fisso di voler affiliare gli esponenti della nostra Amministrazione all’NCD.  Sebbene io sono (per farmi capire da lui) lontano da qualsiasi partito, si prende la licenza di collocarmi nell’area Scopelliti, così come non perde occasione in ogni scritto, di snocciolare la provenienza politica del sindaco o di dare la notizia scoop che Tenuta ha aderito o aderirà a quel partito. Ha anche queste straordinarie capacità divinatorie.

Ero presente quando l’Assessore alla Cultura, il giorno prima della conferenza stampa di cui trattasi, lo chiamò, nonostante qualche giorno prima avesse scritto che “la Capalbo sta distruggendo la cultura”, e si sentì rispondere che era fuori Acri e non poteva intervenire. L’Assessore allora chiamò il suo direttore chiedendogli se potesse mandare un altro cronista, non senza far riferimento alle attenzioni riservatele dal suo corrispondente acrese.
Dopo un mese e mezzo, questo intemerato novello Peppino Impastato che non è protetto da nessuno (tranne da quelli con le scarpe lustre), se ne esce che l’assessore lo voleva imbavagliare ed impaurire. Da morire dal ridere!

Non per voler difendere un Gentile, che fa parte della classe politica del magna magna che ho sempre aborrito, e che in questa vicenda è vittima di una vendetta di Berlusconi, ma sarebbe bene ricordare per quale testata lavora il nostro perseguitato.

Il quotidiano «L'Ora della Calabria, prima Calabria Ora, è fallito due volte. Il suo editore, Piero Citrigno, è stato condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione per usura, condanna che sta scontando ai domiciliari. E’oggetto di una confisca di 100 milioni di euro da parte della Dda che ha riguardato anche i beni di suo figlio Alfredo, attuale editore de L'Ora di Calabria.
Questo editore - cosa che fanno finta di non sapere tutti quelli che hanno parlato di bavaglio a livello nazionale - è stato rinviato a giudizio per violenza privata nei confronti del povero Alessandro Bozzo, un giornalista che si è tolto la vita dopo che lo stesso Citrigno lo aveva obbligato, secondo la Procura della Repubblica di Cosenza, a firmare un contratto capestro di 800 euro mensili, nonostante fosse redattore ordinario  http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/30/giornalista-suicida-in-calabria-editore-accusato-di-violenza-privata/796247/  .
Insomma, scopriamo che le meschine (queste sì) storie di sfruttamento e caporalato vengono vissute anche nelle direzioni dei giornali. Chissà quanto percepiscono gli altri cronisti che lavorano all’Ora di Calabria e se vengono pagati i loro contributi… Comprendiamo quanto questa contingenza lavorativa possa essere motivo di frustrazione. 
Anche se, per quelli che scrivono in dipietrese stretto, 600 euro sono caropagati.




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