domenica 20 marzo 2011

Toghe lucane, archiviazione per trenta imputati: ecco l'ennesimo flop per l'ex pm De Magistris

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In attesa che Santoro e Travaglio ne parlino ad Annozero: De Magistris, la più grande truffa mediatica di tutti i tempi ai danni del cittadino-elettore

da Processomediatico.it:

Toghe lucane era una bufala. Ma la stampa ‘libera’ ora tace.

L’inchiesta “Toghe Lucane” si è conclusa con l’en plein, ovvero la posizione di 30 indagati su 30 si è risolta con un provvedimento di archiviazione. Le motivazioni del GUP di Catanzaro, la d.ssa Maria Rosaria Di Girolamo in questo caso non lasciano adito ad interpretazioni:“Un impianto accusatorio «lacunoso» e tale da non presentare elementi «di per sé idonei» a esercitare l’azione penale”.

Roma. Affonda in una maxiarchiviazione l’ultima impresa da pm di Luigi De Magistris. Il gip di Catanzaro Maria Rosaria di Girolamo ha infatti accolto la richiesta di archiviazione della procura per l’inchiesta «Toghe Lucane», ultima indagine seguita dall’ex magistrato, poi divenuto europarlamentare con l’Idv di Antonio Di Pietro.
Si sgonfia così il teorema del «comitato d’affari» trasversale tra politica, imprenditoria e magistratura, che ha visto indagati per reati come corruzione, abuso d’ufficio e associazione per delinquere il senatore del Pd, ed ex sottosegretario nel governo Prodi, Filippo Bubbico, l’ex senatore di An, già componente del Csm Emilio Nicola Buccico, il governatore della Basilicata Vito De Filippo, l’ex procuratore generale di Potenza, Vincenzo Tufano, gli ex pm della stessa procura, Gaetano Bonomi e Felicia Genovese (Dda), il sindaco di Potenza, Vito Santarsiero, l’ex questore del capoluogo lucano, Vincenzo Mauro, Giuseppe Chieco, ex pm della procura di Matera, e Iside Granese, ex presidente del Tribunale della stessa città.

Il gip di Catanzaro ha pochi dubbi nell’accogliere la richiesta di archiviazione, e nell’ordinanza, depositata ieri, mette nero su bianco che la «fattispecie associativa», decisiva per reggere il teorema del «comitato d’affari», non è sostenibile «essendo del tutto carente la prova in ordine all’esistenza di un sodalizio avente le caratteristiche innanzi menzionate». «Manca - prosegue il giudice - il carattere fondamentale dell’esistenza di un qualunque accordo criminoso, volto a perseguire uno scopo comune che, peraltro, non si rinviene neanche nei singoli reati-fine ipotizzati».

Insomma, non ci sono «elementi fattuali» capaci di «integrare in capo agli indagati tutti gli elementi costitutivi dei reati ipotizzati». E non è nemmeno il caso di prevedere un supplemento di indagine, prosegue il gip, «vista l’enorme mole di materiale probatorio già acquisito (e che spazia dall’assunzione di informazioni all’acquisizione di documentazioni e intercettazioni)». «Enorme mole» che però non impedisce al giudice per le indagini preliminari calabrese di «ritenere l’impianto accusatorio lacunoso, e di affermare l’insussistenza della fattispecie penale ipotizzata», sbriciolando così l’ultima fatica in toga di De Magistris.

E se l’ex pm, ieri, raggiunto dalla notizia dell’archiviazione si è rifugiato in un «no comment», molti degli ormai ex indagati hanno incominciato a togliersi sassolini dalle scarpe. Comprensibile, visto che per tanti dei magistrati finiti nell’inchiesta, il coinvolgimento aveva innescato procedimenti disciplinari e trasferimenti di sede da parte del Csm. Così l’ex pg di Potenza, Tufano, accusato d’abuso d’ufficio e definito all’epoca da De Magistris «punto di riferimento» dei «poteri forti della Basilicata», ora ringhia: «A quelli che hanno provocato questo terremoto e hanno dato dolore alle nostre famiglie e infangato l’onore della Basilicata dico: vergognatevi dinanzi agli uomini e pentitevi dinanzi a Dio».

Proprio esaminando le accuse contro Tufano, il gip di Girolamo non risparmia critiche agli inquirenti: «L’ipotesi accusatoria originaria - scrive - postulava che Tufano, in cambio della condotta volta a favorire l’operato della Genovese (pm della Dda, ndr), avrebbe ricavato utilità consistenti nel ricevere l’intercessione della Genovese in ambienti politici e giudiziari alla stessa vicini, nel ricevere la disponibilità al ricovero e al successivo intervento presso la struttura ospedaliera San Carlo di Potenza e, infine, nel ricevere la disponibilità all’assunzione del figlio, Achille».
Eppure, prosegue il gip, «nulla è stato provato in ordine alla presunta intercessione della Genovese in ambienti politico-giudiziari (...) né in ordine al progetto di assunzione del figlio di Tufano». E il ricovero? «Può rilevarsi con tutta evidenza - conclude il gip - che un ricovero presso una struttura del ssn non può essere ritenuta per ciò stesso “utilità indebita”, atteso che si tratta di un diritto garantito a tutti i cittadini».

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